Statistica: Metodo statistico e sua evoluzione storica

 

  La Statistica ha per oggetto la raccolta sistematica di dati numerici che servono a descrivere ed intuire l’andamento dei fenomeni collettivi, politici, economici e sociali. Essa è pure una branca della matematica, in quanto si serve della teoria del “calcolo delle probabilità”.

La Statistica ha acquistato una propria autonomia scientifica solo nella seconda metà del XIX sec., traendo le sue radici storiche da tre diverse discipline iniziate nel XVII sec.: il “calcolo delle probabilità”, la “scienza descrittiva degli Stati” e l’“aritmetica politica”.

La “scienza descrittiva degli stati” prendeva il nome da un corso di lezioni del professore di diritto H. Conring all’università di Helmstedt. Questa disciplina fu poi portata ai massimi livelli da G. Achenwall, professore a Gottinga, che nel 1767 usò per primo la parola “statistica” (che significava uno studio più approfondito della situazione geografica e sociale degli stati).

Questo nuovo metodo ebbe una vasta diffusione nelle università tedesche fino al 1880 quando era chiamata la “statistica universitaria”. Poi, poco a poco, fu soppiantata da altre discipline quali l’economia, la demografia, la geografia antropica, la scienza dell’amministrazione. ecc. Comunque, il termine statistica fu impiegato, a partire dalla fine del XVIII sec., soprattutto in Inghilterra e Francia, per designare lo studio sulle popolazioni iniziato da J. Graunt e W. Petty nel Seicento e chiamato “aritmetica politica”.

L'”aritmetica politica” fu definita da C. Davenant come l'arte di ragionare sulle attività governative utilizzando delle cifre. Essa si differenziava dai metodi precedenti, perché si occupava in prevalenza di fenomeni demografici ed economici e per il ricorso al calcolo aritmetico e al metodo empirico-induttivo. Ad essa si può, dunque, far risalire la moderna statistica.

Fu A. Quételet che rese di dominio pubblico il termine “statistica” verso la metà del XIX sec., dando una maggiore importanza ai metodi d’indagine piuttosto che ai fenomeni da indagare.

La statistica è progredita anche nelle sue teorizzazioni, dovute alle scoperte di A. De Moivre nel 1733, e di quelle, lungo tutto l’arco dell’ottocento, di Legendre, Grauss, Laplace, Ellis, lo stesso Quételet, Galton, Pearson, Bravais. Tutti questi grandi studiosi hanno scoperto dei metodi che hanno man mano ridotto gli errori d’osservazione, ed hanno portato i metodi odierni di rilevamento statistico a sfiorare la soglia della perfezione.

  Infatti, nel novecento, sono state elaborate delle nuove metodologie come la “teoria del campione”, poi perfezionata dal più grande statistico contemporaneo, R. A. Fisher, che ha dimostrato la necessità di scegliere casualmente i campioni d’indagine. In pratica si fa un’indagine parziale con un numero limitato di persone per non esaminare l’intera popolazione di cui si vogliono studiare le caratteristiche.

 Oggi la statistica è diventata uno strumento di notevole importanza per i ricercatori e per gli operatori, trovando vasta applicazione nelle scienze fisiche e naturali, nella tecnologia, nella psicologia, nella sociologia, nell’economia politica ed in quella aziendale.

  Fasi di un’indagine statistica

  Lo studio di un fenomeno con un metodo statistico, ossia l’indagine statistica, si articola in quattro fasi:

1) rilevazione dei dati: consiste nel complesso delle operazioni con le quali si perviene alla conoscenza dei dati;

2) elaborazione dei dati: insieme di operazioni con le quali i dati rilevati (dati grezzi) vengono opportunamente classificati e sintetizzati;  

3) rappresentazione dei dati: consiste nell’esposizione dei dati statistici in forma chiara con tabelle, grafici, ecc.;

4) interpretazione dei dati: si ricerca il significato dei dati e delle cause di manifestazione del fenomeno.

Occorre chiarire innanzitutto cosa si intende per dato statistico. Ciascun singolo elemento del fenomeno osservato costituisce una parte del dato statistico, chiamata unità statistica; ogni neonato, ogni alunno, ecc., costituisce un’unità statistica. Il numero delle unità statistiche rilevate costituisce un dato statistico.

Per fare una rilevazione occorre innanzitutto definire l’unità statistica, fissare l’estensione della rilevazione e, soprattutto, definire il carattere e le modalità qualitative e quantitative che si vogliono osservare.

Ogni fenomeno si presenta, infatti, sotto uno o più aspetti: tali aspetti vengono definiti caratteri del fenomeno; a loro volta i caratteri presentano delle modalità, cioè determinati modi di manifestarsi del carattere stesso.  

Ad esempio, in un’indagine sui nati in un determinato periodo di tempo, un carattere sarà costituito dal sesso le cui modalità sono: maschi e/o femmine.

Sono modalità qualitative quelle rappresentate dai vari attributi con cui si possono manifestare le unità (ad esempio maschi e femmine sono modalità qualitative). Sono modalità quantitative quelle che si esprimono con numeri (ad esempio il reddito, l’età, l’altezza, il peso, ecc.).

Le rilevazioni possono essere condotte in modo automatico e in modo riflesso: sono automatiche quelle che derivano direttamente dagli interessati (denunce di nascite, dei redditi); sono riflesse quando i dati vengono raccolti da apposito personale.

Le rilevazioni statistiche possono essere totali e parziali. Si hanno delle rilevazioni totali quando esse comprendono tutte le unità del fenomeno, per esempio i censimenti decennali.  

Motivi di tempo e di costo non consentono, però, di poter fare sempre ricorso a rilevazioni totali. Per ovviare a questo inconveniente, vengono effettuate rilevazioni parziali, ossia su una parte del collettivo. La parte della popolazione sulla quale viene effettuata la rilevazione è detta campione; le rilevazioni parziali sono, quindi, rilevazioni campionarie.

Ovviamente, affinché l’analisi sia valida occorre che il campione sia rappresentativo; così, per esempio, nel caso dell’indagine campionaria sul comportamento elettorale degli italiani, sarebbe poco efficace un campione composto da soli imprenditori. Inoltre, esso deve avere un’ampiezza sufficiente, determinata matematicamente.

I dati rilevati nella prima fase, devono essere opportunamente raggruppati e classificati in maniera omogenea secondo le modalità di uno o più caratteri. Infatti, una volta fatta la raccolta, occorre classificare le unità rilevate secondo le modalità dei caratteri osservati. Così, nel caso del censimento della popolazione, dopo aver rilevato le età di tutti i censiti, bisogna cercare di dare una chiara visione del fenomeno e ciò si ottiene raggruppando i censiti in gruppi omogenei di età. I risultati dell’elaborazione devono essere presentati in modo chiaro ed ordinato tramite le tabelle, nelle cui righe e colonne vengono evidenziate le frequenze, o mediante la rappresentazione grafica. I grafici consentono una più agevole conoscenza delle caratteristiche dei fenomeni; per tali motivi, di solito, essi sono utilizzati in aggiunta alla rappresentazione tabellare.

 

 

Nicoletta Di Ciano