Da COME HO COMPLETATO LA STORIA DELLA MIA LANCIANO

LANCIANO,

UNA CITTÀ PIÙ RICCA DI STORIA CHE DI LEGGENDE

 

La citta di Lanciano

Lanciano è una città abruzzese molto accogliente,
dinamica e rilassante, situata nell'Italia centrale, in
provincia di Chieti, a 220 Km da Roma.
Essa si estende per 66,09 Km2 ed ha 36.451 abitanti e 14053
famiglie alla fine del 2009 (ma i lancianesi nel mondo sono
tantissimi).
Posta a 284,42 metri sul livello del mare, la città ha
favorevoli condizioni climatiche per la sua locazione tra il
mar Adriatico, a 12 km, e le montagne della Maiella, ad una
trentina di chilometri.
Lanciano confina a nord coi comuni di Frisa, S. Vito
Chietino e Treglio; ad est con quelli di Rocca s. Giovanni,
Fossacesia, Santa Maria Imbaro e Mozzagrogna; il fiume
Sangro, a sud, la separa dai comuni di Atessa e Paglieta; ad
ovest confina coi comuni di Castelfrentano, Orsogna,
Poggiofiorito e Sant'Eusanio del Sangro.
La città è attraversata da un piccolo torrente, il
Feltrino, che nasce vicino a Castelfrentano e sfocia nel mar
Adriatico, nei pressi del molo di S. Vito Marina.

Lo stemma cittadino

Sull'antico portale della chiesa di S. Nicola, nel
quartiere Sacca, si trova scolpito nella pietra lo stemma
civico più antico di Lanciano, forse fatto agli inizi del
XV sec., con uno scudo sannitico contenente una lancia
rivolta verso il sole che sorge e due gigli dorati.
Esso sintetizza la tradizione secondo cui il primo stemma
cittadino era stato devoluto dai Franchi verso la fine
dell'VIII secolo, poi impreziosito dagli Angioini con due
gigli dorati ed infine dagli Aragonesi con la fascia
d'argento, comprendente tre stelle indorate e a sei punte,
posta al disopra della figura dei tre colli sui quali fu
fondata la città.
Lo stemma attuale non si discosta di molto da quello
tradizionale ed è sempre racchiuso in uno scudo sannitico
a sfondo blu, con una corona reale sormontante ed una corona
d'alloro sottostante, contenente la lancia, il sol
levante, i gigli d'oro, le tre colline.



La gloriosa storia della città di Lanciano

La vera storia di Lanciano inizia nel Neolitico, nel V
millennio a. C. in Abruzzo, secondo gli scavi effettuati nel
1969 in contrada Marcianese ed altre tracce più recenti
dell'età del Bronzo scovate nel centro storico e nelle
contrade Iconicella, S. Egidio e Serre.
Molte scoperte di grande interesse archeologico hanno
portato alla luce armi, utensili, capanne ed una grande
quantità di ossa umane e d'animali, e dimostrano
l'ininterrotto popolamento del territorio di Lanciano sin
dai tempi remoti.
Questa è l'origine della città storicamente provata.
Tutto è vago nella preistoria, ma possiamo facilmente
immaginare l'area di Lanciano a quei tempi con delle
colline alte circa 300 metri, dove i coltivatori e i pastori
vivevano in capanne e/o caverne, cacciando gli animali
selvaggi e procurandosi l'acqua dai numerosi ruscelletti.
Ciò potrebbe avvalorare una delle tradizioni individuanti
il nucleo primitivo della città nella contrada S. Giusta,
anche se ogni zona cittadina potrebbe esser stata il suo
nucleo originario.
È solo una leggenda, invece, l'origine troiana di
Lanciano, scaturita da fonti greche come la ben nota ed
infondata teoria sulla fondazione di Roma.
Come altre città dell'Italia meridionale, la nascita di
Lanciano si basa su una ripetuta tradizione che data la posa
della prima pietra il 1° settembre 1181 a. C., quando
sarebbe stata costruita dopo la distruzione di Troia da uno
dei soldati d'Enea, Solimo, che avrebbe deciso di
edificare quello che era solo un piccolo villaggio
chiamandolo Anxia in omaggio al suo fratello Anxa.
Un'altra tradizione afferma che Solimo fondò pure Sulmona
e si crede pure che il fondatore di Lanciano sia stato
Diomede. 
L'etimologia di Lanciano è sconosciuta e sono state
fatte varie supposizioni con delle parole tratte dalle
lingue dei diversi popoli dominatori.
Riassumendo la tradizione storica, il nome greco era Anxia o
Anxianon; poi, durante l'impero romano, fu sostituito dal
latino Anxanum o Ancianum; infine, nel Medio Evo, sotto
l'influenza della prima lingua italiana e locale, si ebbe
Lanciano, una verosimile italianizzazione di "Lanciane".
Lanciano ha una lunga e fiera storia, documentata da monete,
ceramiche, tradizioni orali, storici latini, strade antiche
e così via.
Anxanum esisteva nelle tavole Peutingeriane, mentre
nell'itinerario di Antonino Pio era scritto Anxano.
Gli storici antichi non concordano sul primissimo sito della
città che, con molta probabilità, sarà sempre stato
nel posto attuale sul quale, nel medioevo, si sarebbe poi
sviluppato il centro storico.
Da sempre Lanciano fu un fondamentale crocevia economico e
fu forse la capitale della Frentania (o, probabilmente, fu
Larino), una grande regione che si estendeva dal fiume Foro
al Fortore, includendo i territori fino alla catena delle
montagne della Maiella.
Poi, essendo collegata col porto di Ortona, la città
sarebbe divenuta un importantissimo centro commerciale nel
corso dei secoli.

La storia di Lanciano è lo sviluppo di graduali
stanziamenti e colonizzazioni del suo territorio.
I primi abitanti dei quali si conoscono le origini furono
gli Osci, i Sabini, gli Umbri, i Volsci ed i Sanniti da cui
discendono i nostri antenati, i Frentani che si stabilirono
nella Frentania intorno all'800 a. C., praticando una vita
tribale basata sull'agricoltura e sul commercio.
Poi si susseguirono Greci, Etruschi, varie genti indoeuropee
ed i Romani.
Nel 340 a. C. i Frentani si schierarono coi Sanniti contro
Roma, ma essi furono battuti e la secolare civiltà
Lancianese-Frentana cominciò il suo declino.
Molti Frentani si distinsero nelle guerre romane contro
Pirro ed Annibale, come il guerriero Oplaco Ossidio che,
nella battaglia d'Eraclea (280 B. C.), era sul punto di
uccidere Pirro quando quest'ultimo fu salvato per
l'intervento delle sue guardie del corpo che trafissero
mortalmente l'ardito frentano.
Dopo un secolo e mezzo i Frentani e i popoli confinanti
reclamarono, invano, il loro diritto di cittadinanza romana
e strinsero un'alleanza coi Marsi, Marrucini, Peligni,
Sanniti, e con altri popoli dell'Italia meridionale quali
i Pugliesi e i Lucani.
I Frentani ed i loro alleati formarono una confederazione
con un governo modellato su quello di Roma, con consoli ed
un senato, avente come capitale Corfinium, poi Italica (oggi
Corfinio).
Essi si rivoltarono contro Roma e la guerra sociale iniziò
nel 90 a. C.
Sulle prime i confederati ebbero delle vittorie di poco
conto contro Roma e le città alleate del Nord e del Sud
dell'Italia, ma la Lex Iulia assegnava il diritto di
cittadinanza romana a tutti coloro che sarebbero ritornati
sotto il governo imperiale.
Quindi i confederati si divisero ed i conflitti si
concentrarono nella regione del Sannio, dove il trionfo del
famoso generale Silla rappresentò la svolta della guerra,
conclusasi nell'88 a. C. con la vittoria di Roma.
I Frentani furono costretti ad allearsi con Roma, ma la
penisola italiana era stata, per la prima volta nella
storia, unificata.
Durante l'impero romano, alcuni scrittori romani (Tito
Livio, Sigonio, Plinio il Vecchio, Varrone, Tolomeo)
descrissero Lanciano come un trafficatissimo emporio
commerciale.
Sin dall'inizio della presa di possesso della città i
romani misero in pratica la loro politica urbanizzatrice.
Le vie cittadine furono drenate e pavimentate e furono
costruite molte strade per collegare Lanciano coi paesi
della Frentania, come la Frentana-Traiana e la
Tiburtina-Valeria che collegavano Roma con le attuali
regioni dell'Abruzzo, del Molise e della Puglia.
Si costruirono templi, teatri, bagni, ville e le case di
pietra ebbero l'acqua corrente ed un sistema di
riscaldamento a legna.
La città ebbe dei lunghi periodi di pace e civilizzazione
e gli abitanti usufruirono di comodità sconosciute perfino
durante il Medioevo.
L'agricoltura ed il commercio si svilupparono e le fiere
locali, le "Nundinae Mercatus", erano sempre affollate e
redditizie (esse avvenivano nella località "la Selva",
in contrada S. Egidio).
Lanciano non era soltanto una città di frontiera
dell'impero romano ma diventò un importante
"Municipium", com'è comprovato da una lapide
marmorea conservata nel palazzo comunale.
Nel bel mezzo di tutti quegli eventi la città stava
espandendosi e abbellendosi con altre costruzioni e templi
registrati dalla tradizione scritta, quali: il tempio
d'Apollo, nel quartiere Civitanova; Marte, sotto
l'attuale cattedrale; Lucina (la Giunone dei Frentani),
affine alla chiesa di S. Lucia; Pelina, nei pressi della
vecchia chiesa di S. Maurizio; Bacco, nella zona della
chiesa di S. Biagio.
Pure la diffusione del cristianesimo ha delle origini
oscure, fu certamente lenta e difficile, sicuramente
ostacolata dai riti pagani, ma Lanciano non era lontana da
Roma e durante i sette secoli della dominazione romana ci fu
il passaggio dal paganesimo alla nuova religione e la
città è ricca di storie di vecchie chiese costruite sui
luoghi di culto pagani.
Probabilmente il cristianesimo si diffuse in Abruzzo nei
secoli III e IV, come sappiamo dai manoscritti, da antiche
tradizioni d'apparizioni di santi, dalle persecuzioni e
dalle morti per fede.
[L'unico monumento che collega l'impero romano alla Lanciano
moderna è il Ponte Diocleziano, del III secolo, per la
tradizione locale dedicato al famoso imperatore secondo
un'iscrizione recuperata nel 1785 sotto lo stesso ponte.].
[L'imperatore Augusto aveva diviso la penisola in undici
regioni e Lanciano fu inclusa nel Sannio, in cui rimase
nella successiva suddivisione in diciassette regioni fatta
da Costantino, mentre nel medioevo lo stesso Sannio e
l'attuale Abruzzo avrebbero costituito un'unica
regione.].

Nel 476 l'impero romano decadde ed i barbari arrivarono ad
ondate attraverso le montagne e dalle coste.
Ciò significò la decadenza del centro urbano ormai
insicuro, privo dei bastioni di terra probabilmente eretti
dai romani, cosicché gli abitanti tornarono ad abitare le
terre incoltivate mentre le strade erano diventate
impraticabili.
Le continue lotte sanguinarie per la supremazia tra i vari
popoli barbarici apportarono saccheggi, distruzioni e
massacri, e perciò sparirono tutte le tracce della
cristianità e della civiltà romana.

Le fonti storiche di Lanciano sono vaghe circa questo
periodo, ma con le storie generali possiamo affermare che la
città cadde sotto i Bizantini vincitori sui Goti nella
seconda metà del sesto secolo e la lingua latina, la
cultura e la legislazione divennero profondamente greche.

Il caos aumentò quando, intorno allo stesso spazio di
tempo, i Longobardi avanzarono fin nel sud della penisola,
salvo alcune regioni che rimasero sotto l'autorità
bizantina.
I pagani longobardi perseguitarono i cristiani, distrussero
le chiese, e le loro invasioni mutarono del tutto gli usi e
le tradizioni locali.
Il territorio italiano era di nuovo diviso e Lanciano fu
incorporata nel Ducato di Spoleto e poi in quello di
Benevento.
Il popolo, abituato ad identificarsi in un monarca durante
l'impero romano, non sapeva orientarsi con la mancanza di
un forte potere centrale.
La Chiesa Cattolica era la guida dei popoli e riuscì a
convertire i Longobardi, che portarono rispetto alle genti
conquistate, mentre i benedettini mantennero viva la luce
della civiltà.
I Longobardi erano organizzati in tribù, chiamate
"fare", come ritroviamo nei toponimi di piccole città
dei dintorni di Lanciano, come Fara S. Martino, Fara
Filiorum Petri ed altre (sembra che il nome della regione,
Aprutium poi Abruzzo, sia sorto nell'era longobarda).
Essi avevano la pessima abitudine di radere al suolo le
città, e le origini dei centri storici abruzzesi rimontano
alle ricostruzioni fatte dopo le loro distruzioni.
A quel tempo Lanciano non era considerata importante e la
tradizione letteraria locale parla dell'abbattimento
operato dai Longobardi nel 571 e di un castello che sarebbe
stato subito dopo ricostruito; nulla è certo, ma i resti
di un castello sono nel quartiere di Lancianovecchia (e
così sarebbe stato il primo nucleo del centro storico).
La storia di Lanciano abbonda di leggende, come quella del
610, quando S. Maurizio, il tradizionale primo protettore
della città, la cui chiesa stette nel quartiere di
Lancianovecchia fino al 1819, sarebbe apparso nella valle
del Feltrino quando avrebbe aiutato la gente locale e i
Longobardi a respingere i Bizantini.

Le conseguenti lotte tra Longobardi e Bizantini si
conclusero con le vittorie di questi ultimi ed i monaci
greci dell'ordine religioso di S. Basilio s'insediarono
nella vecchia chiesa dei santi Legonziano e Domiziano (su
cui sarebbe stata costruita la chiesa di S. Francesco
d'Assisi nel 1252-58), dove nell'anno 700, secondo la
tradizione orale ma le Sacre Reliquie esistono, avvenne il
primo Miracolo Eucaristico della Chiesa Cattolica (si tratta
del maggior evento religioso della storia abruzzese).

Nell'ottavo secolo i Longobardi miravano ad occupare gran
parte dell'Italia ed allora il papato si era rivolto ai
Franchi, i quali dopo la famosa vittoria di Carlo Martello a
Poitiers nel 732 avevano salvaguardato il cristianesimo e la
civiltà europea dall'espansione islamica.
Il re carolingio Pipino il Breve era venuto in Italia e suo
figlio Carlomagno aveva vinto i Longobardi nel 774; alcuni
anni dopo i Franchi occuparono Lanciano e sottomisero senza
sforzo i Longobardi che furono soddisfatti col mantenimento
del possesso dei loro feudi.
Un documento del 973, firmato dal marchese di Chieti
Trasmondo, circa una donazione fatta all'abbazia di S.
Giovanni in Venere, certifica l'allora esistenza della
città di Lanciano ("civitate Anxani").
Sotto i Franchi Lanciano faceva ancora inizialmente parte
del Ducato di Spoleto, ma poi sarebbe stata annessa alla
Marca Teatina ed infine al Ducato di Benevento.
Essi riportarono la stabilità nel loro regno e l'ordine a
Lanciano, ed introdussero la prima gerarchia feudale con la
spartizione delle terre per garantire il lavoro a tutti,
mentre i più rappresentativi tra i cittadini locali
esercitavano il potere.
I progressi dell'agricoltura migliorarono la misera
esistenza delle genti e ci fu un lungo periodo di
prosperità a Lanciano, allora forse popolata da 2.000
persone.
I Franchi ebbero un'eccellente organizzazione
amministrativa, governarono con saggezza, standardizzarono
la religione cattolica e costruirono molte scuole.
Quando Carlomagno era stato incoronato imperatore del Sacro
Romano Impero nella Basilica di S. Pietro a Roma nel Natale
dell'800, Roma era stata separata dall'impero orientale e
la chiesa cattolica, che dal 728 aveva avuto molte terre in
donazione, era ormai diventato uno stato indipendente molto
vicino a Lanciano.
Secondo la tradizione letteraria locale Pipino, il figlio di
Carlomagno, per reprimere una rivolta di alcuni baroni
longobardi avrebbe devastato Chieti ed altre città vicine
nel 801, fra cui, si dice, anche Lanciano.
Quando Carlomagno morì ad Aquisgrana nel 814 la crisi era
stata enorme ed i suoi successori avevano fatto molte guerre
che avevano portato allo smembramento dell'Impero e al
tramonto definitivo della dinastia carolingia nell'888.
Furono anni d'anarchia ed intorno all'anno 1000 l'Italia
del sud era composta da molti ducati longobardi più
piccole città-stato e varie province bizantine.
Nessuno aveva il potere assoluto nella malgovernata
Lanciano, ancora in pericolo durante le ricorrenti invasioni
d'Ungheresi, Saraceni e Germanici che penetravano con
delle incursioni piratesche sulle coste per rubare,
massacrare i cittadini e provocare così delle carestie per
un lungo, triste periodo di regresso economico, mentre la
città divenne quasi disabitata ed i cittadini erano poco
più che servi, con la necessità di lavorare in cambio
della loro assistenza.

Anche i nuovi trionfatori, i Normanni, erano dediti ai
saccheggi e alle rapine, ma il loro regno avrebbe messo fine
allo stato d'anarchia e al potere di Bizantini e
Longobardi nell'Italia del Sud.
I Normanni conquistarono Lanciano risalendo dal loro
possedimento dell'Apulia verso il 1060, quando il capitano
Ugo Malmozzetto concluse la conquista di tutti i territori
appartenenti alla giurisdizione religiosa di Chieti.
Secondo la letteratura locale Malmozzetto risiedeva nel
castello di Sette, nella Val di Sangro a 10 chilometri da
Lanciano, ed era il signore di Lanciano che dipendeva da
Roberto, il conte di Loritello, che si trovava nel castello
di Rotello, vicino a Larino o, forse, a Termoli.
Probabilmente i Normanni sono i primi sovrani di Lanciano
dei quali abbiamo attestazioni scritte se consideriamo
autentico un documento del 1062, riferito da molti scrittori
locali e firmato dal Malmozzetto, secondo il quale fu
ordinato di cingere tutta la città di mura.
E' certo, invece, che dell'antica linea di
fortificazione dell'era normanna, solo una gran torre
delle Torri Montanare svetta suprema ancora oggi.
[Malmozzetto visse realmente, come si può leggere nel
famoso Chronicon Casauriense, la cronaca dell'abbazia di
S. Clemente a Casauria, in provincia di Pescara, scritta
nella metà dell'undicesimo secolo ed attestante la
presenza dei Normanni in Abruzzo. Si tratta di uno
straordinario documento, di un'utilità storica mondiale
per la conoscenza dei Normanni, ed il manoscritto originale
si trova nella Biblioteca Nazionale di Parigi sin da quando
vi fu portata da Carlo VIII nel 1494.].
Grazie al loro spirito vivace e tollerante i Normanni furono
una delle più efficaci dinastie e la vita cittadina mutò
radicalmente, tanto che le chiese furono riaperte,
l'ordine interno fu assicurato, i commerci si
rivitalizzarono e, soprattutto, essi lasciarono la loro
impronta nello sviluppo del sistema feudale, già adottato
dai Franchi, e nella sorprendente e moderna idea di fare una
ricognizione fiscale per scoprire le reali proprietà
d'ogni famiglia, incluso il numero delle persone e degli
animali, cosicché essi sapevano cosa e come poteva essere
tassato.
La città diventò una prospera società agricola, con
una stima approssimativa di 2.000 abitanti, e fu allora che
nacque la vera Lanciano con le sue contrade.
C'è poi la più importante tradizione orale cittadina
secondo cui nel 1088, dopo un terremoto, fu trovata una
statua della Madonna col Bambino durante dei lavori di
restauro del Ponte Diocleziano e sin d'allora cominciò
la venerazione per la patrona di Lanciano, Maria S. S. del
Ponte.
Va inoltre evidenziato lo sviluppo della nostra lingua
dialettale, quando il latino fu rimpiazzato dal
franco-normanno come lingua delle classi dominanti, mentre
la gente comune continuava a parlare la lingua nativa, un
misto d'osco, greco, etrusco e latino.
Fu allora che il nostro dialetto si completò, con dei
vocaboli franco-normanni appresi in "situazione" e con
delle nuove acquisizioni lessicali e grammaticali.
Per esempio, le parole francesi "bouteille", "main",
la cui odierna pronuncia dialettale è simile a quella
della lingua francese, e la cui caratteristica principale
è la desinenza finale di molte parole con l'invariabile
"e" muta come avviene nell'attuale idioma lancianese.
Oggi il nostro dialetto, che suona strano di primo acchito,
caratterizza i nostri discorsi con un'inconfondibile
pronuncia ed un vocabolario ricco di parole prese in
prestito da una varietà di lingue.

Malmozzetto morì nel 1097 e la città dipendeva da
Roberto conte di Loritello.
Alla sua morte il nuovo conte fu Roberto II fino al 1113, e
poi suo figlio Guglielmo d'Altavilla, ultimo conte di
Loritello, che morì senza eredi.
Nel 1130 Lanciano dipendeva dal re Ruggero II del nuovo
Regno di Napoli e Sicilia, un forte stato monarchico con
capitale l'opulenta Palermo.
Dopo i re Guglielmo I (il Buono) e suo figlio Guglielmo II
(Il Cattivo) che morì senza eredi nel 1189, si estinse il
Regno dei Normanni che aveva reso Lanciano forte ed unita
come non mai. 

Quindi vennero gli Svevi.
L'erede diretta era Costanza, figlia del re normanno
Ruggero II e moglie d'Enrico VI di Svevia, ed i due
sovrani furono coinvolti in molte guerre di successione e
conquistarono tutta l'Italia meridionale nel 1194.
[La tradizione letteraria cittadina afferma che nel 1191 gli
ebrei, forse già presenti a Lanciano sin dall'anno mille
col peso del loro potere finanziario, furono riammessi nella
città, da cui erano stati scacciati nel 1156, ed essi si
stabilirono in una giudea nel quartiere Sacca. Questo
secondo una convenzione di 18 articoli stipulata tra la
città e gli ebrei, che da sempre alimenta l'idea errata
circa il loro effettivo ruolo politico e civile a Lanciano.
Le loro famiglie sarebbero state relegate nel quartiere
Sacca che, invece, aveva un'estensione troppo piccola per
accoglierle tutte, ed essi sarebbero stati ostacolati nella
loro vocazione agli affari, nel prestare soldi ad interesse,
e con l'imposizione di restare a casa nelle ore notturne,
con l'obbligo d'indossare delle piccole stoffe gialle
per farsi riconoscere, ecc. Ma la convenzione datata 5
novembre 1991 è innegabilmente falsa se si considera che
gli ebrei furono accettati nel regno e vissero in perfetta
armonia coi lancianesi. Per di più, alcune restrizioni
della convenzione furono ratificate dal Papa Innocenzo III
solo nel 1215 nel Dodicesimo Concilio Ecumenico (Laterano
IV) ed applicate dall'imperatore Federico II di Svevia nel
1221, e riguardavano l'ordine d'indossare una piccola
stoffa gialla gli uomini, un velo giallo le donne, per
distinguersi dai cristiani, con la proibizione della
tradizione secolare degli ebrei a poter dare del denaro in
prestito. In effetti, i ricchi ed intraprendenti ebrei
vissero a Lanciano con le agevolazioni dei sovrani come la
regina Giovanna, che in origine diede carta bianca a S.
Giovanni da Capestrano per perseguitarli e poi fare delle
concessioni agli stessi ebrei, il re Ladislao nel 1400 e
Ferdinando nel 1463.].
Enrico VI morì nel 1197 e il suo erede era l'infante
Federico, poi diventato l'imperatore Federico II nel 1220.
Era un governante davvero illuminato ed un sovrano molto
dotto che patrocinò la fondazione dell'università a
Napoli nel 1225.
Intorno al 1250 egli aveva diviso il regno in nove province
e Lanciano era una delle più grandi città
dell'Abruzzo.
Presumibilmente Lanciano aveva avuto dei privilegi dai
Franchi e dai Normanni, ma fu dagli Svevi che la nostra
storia iniziò ad esser documentata.
Federico II aveva inviato un diploma da Roma nell'aprile
del 1212 in cui lodava la città per la sua lealtà alla
corona e l'esentava da molte tasse.
L'evento principale sotto gli Svevi fu quando il re
Manfredi, con un diploma spedito da Napoli nell'aprile del
1259, fece di Lanciano una città demaniale, assegnandole i
castelli di Piazzano e Sette, situati nelle campagne
attraversate dal fiume Sangro.
A quel tempo, riferendoci agli studi demografici, Lanciano
si era "ingrossata" e poteva avere all'incirca 4.000
abitanti.
Se i Normanni avevano fatto costruire delle mura
tutt'intorno alla città, con gli Svevi si edificarono le
chiese più importanti: S. Maria Maggiore (del 1180 ed
ingrandita nel 1227); S. Nicola (1242); S. Lucia (1250); S.
Agostino (seconda metà del XIII secolo); S. Francesco
(1252-58); una piccola cappella costruita nel 1203 da Andrea
da Lanciano, sopra il ponte Diocleziano, che fu il primo
nucleo della futura cattedrale di S. Maria del Ponte.
Il grande nemico di Federico II fu il papato che voleva i
regni di Napoli e di Sicilia indipendenti l'uno
dall'altro, e quando l'imperatore morì nel 1250 i suoi
eredi non riuscirono a riconciliarsi con la Santa Sede.
Il nuovo re del Regno di Napoli, e di Lanciano, fu suo
figlio Corrado VI, mentre l'altro figlio illegittimo
Manfredi ebbe la reggenza del Regno di Sicilia.
Corrado VI morì nel 1254 e lasciò come suo erede il
figlio piccolo Corradino, ma Manfredi continuava a governare
e fu incoronato imperatore nel 1258.
Il papato chiamò Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX,
re di Francia, e dopo la morte di Manfredi nella battaglia
di Benevento (1266), e quando Corradino fu catturato a
Tagliacozzo ed ucciso a Napoli (1268), la dinastia sveva
ebbe fine e Carlo I d'Angiò diventò il nuovo re.

Sotto gli Angioini Lanciano, che aveva parteggiato per gli
Svevi, tornò ad essere un feudo di Chieti, in seguito ad
un diploma del 4 luglio 1269, sotto l'amministrazione del
Signor Raul de Courtenay.
Alla morte di quest'ultimo gli successe sua figlia Matilde
che sposò il conte Filippo di Fiandra, ma quando la stessa
Matilde morì nel 1300, l'unico interesse di Filippo nella
sua città era di ottenere molti soldi con le tasse.
I cittadini rivendicarono i loro diritti alla corte ed una
sommossa popolare divampò a Lanciano il 25 settembre 1302
contro Filippo.
[Nel 1269 la capitale del regno era stata trasferita da
Palermo a Napoli, ma la Sicilia non voleva gli arroganti ed
intolleranti Angioini, e dopo i Vespri Siciliani del marzo
1282 l'isola rimase un regno indipendente da Napoli e
governata gli Aragonesi. Così lo stato centralizzato
formato dai Normanni ed ingrandito dagli Svevi perse molto
del suo prestigio e della sua ricchezza economica e
culturale con la separazione dalla Sicilia. - Nel 1273 gli
Angioini divisero l'Abruzzo in due parti, col fiume Pescara
come linea di confine e Lanciano faceva parte
"dell'Abruzzo Citeriore", Abruzzo Citra Flumen
Piscariam, nei territori alla sinistra del fiume (l'altro
era "l'Abruzzo Ulteriore", Abruzzo Ultra Flumen
Piscariam). Due anni dopo i due territori abruzzesi furono
riuniti e poi di nuovo separati nel 1284.].
Il nuovo re Carlo II d'Angiò spedì un diploma da
Napoli il 28 febbraio 1303, col quale Lanciano ridiventò
una città demaniale, mentre le terre furono divise tra il
popolo ed essa riebbe la proprietà dei castelli di
Piazzano e di Sette ed ora di quelli di Rizzacorno e di
Belvedere nella valle del Sangro.
[Nel 1305 il Papa Celestino V trasferì la S. Sede ad
Avignone, e per settant'anni la chiesa di Roma rimase
sotto l'assoluto controllo degli Angioini.].
Nel 1308 la famiglia di Filippo di Fiandra fu scacciata da
Lanciano, la quale sarebbe rimasta indipendente dai
feudatari fino al 1640.
Da un diploma spedito dal nuovo re Roberto d'Angiò da
Napoli nel 1311, la città ebbe una sorta di consiglio
comunale ed un sindaco, scelti fra i membri delle famiglie
più ricche.
L'anno dopo, dallo stesso re, la città ebbe la
proprietà del castello del Paglieta.
Il figlio del re, il principe Carlo, come vicario del regno,
con un diploma del 1320, esentò i commercianti e i
visitatori delle fiere locali dal pagamento delle imposte ad
Ortona che esigeva molte tasse per le merci dirette a
Lanciano.
Per molto tempo le fiere erano state boicottate ed i
lancianesi avevano saccheggiato Ortona, iniziando un
secolare periodo di lotte sanguinanti fra le due città.
Gli Angioini diedero origine ad un sistema legislativo
applicato a tutto il regno, anziché dipendente dalle
consuetudini locali e dalle leggi ecclesiastiche, ed
iniziarono la trascrizione degli atti di governo su dei
registri pergamenacei che costituirono delle efficaci fonti
letterarie nelle elaborazioni della storia del regno
(purtroppo la maggior parte di quei documenti furono
bruciati dai nazisti nel novembre del 1943 a Nola).
Altri notevoli eventi avvennero ai tempi degli Angioini a
Lanciano: l'inizio dell'attività di un'importante
zecca; la costituzione del "giustizierato", che era un
tribunale penale; l'istituzione, nel 1304, di una nuova
autorità locale, "Il Mastrogiurato", col compito
d'impedire la concorrenza sleale e di regolare la
qualità ed il prezzo delle merci durante le gloriose fiere
di Lanciano.
Probabilmente Lanciano aveva più di 5.000 abitanti nel
1340 ma la peste bubbonica del 1348, "la morte nera", e
le carestie, ridussero la popolazione a 4.000 abitanti.
Nel frattempo le guerre per il porto di Ortona continuarono.

Il re Roberto morì nel 1343 e l'erede al trono fu la
diciassettenne nipote Giovanna, che avrebbe avuto quattro
mariti ed il primo, Andrea d'Ungheria, sarebbe stato
crudelmente ucciso nel 1345, probabilmente da Luigi Duca di
Taranto in conformità con i desideri della regina di cui
divenne il secondo marito.
Poi lo stesso duca dovette combattere contro Luigi re
d'Ungheria che voleva vendicare il fratello Andrea.
Lanciano e le città circostanti divennero proprietà di
Luigi di Taranto ed esse, parteggianti per il re d'Ungheria,
furono assediate dalle truppe di Galeotto Manfredi nel 1351.
Lanciano e le altre città ebbero una serie di successi
sotto la guida del condottiero Corrado Lupo, ma nel 1352 il
re d'Ungheria dovette tornare nella sua nazione e Giovanna
tornò a Napoli.
Allora Lanciano ritornò sotto la regina da cui ebbe i
feudi di Sant'Amato, S. Vito, Vasto ed altri territori.
Luigi morì nel 1362 e la regina ebbe altri due mariti,
Giacomo III d'Aragona e nel 1376 Otto di Brummswich, e
nessun figlio.

Carlo III di Durazzo, marito di Margherita, la sorella di
Giovanna, era l'erede legittimo, ma Giovanna aveva designato
Luigi d'Angiò.
Poi Carlo III di Durazzo, con l'appoggio del Papa, divenne
re di Napoli nel 1381 e l'anno dopo fece uccidere la
regina.
Era finito il ramo diretto degli Angioini ed iniziava la
dinastia collaterale degli Angioini-Durazziani.
Gli Angioini "legittimi" reclamavano i loro diritti di
successione al trono e ci furono molte battaglie a Lanciano
e dintorni, che videro impegnate le truppe mercenarie di
Ugone Orsini fiancheggianti Luigi d'Angiò.
Avendo caldeggiato la causa dei durazziani Lanciano
preservò il controllo assoluto dei suoi vecchi feudi (i
villaggi vicini e quelli nelle montagne).
Nel 1384 Lanciano ebbe i castelli di Frisa, Guastameroli e
Sant'Apollinaire dal re Carlo III, e nel 1385 S. Vito e
l'abbazia di S. Giovanni in Venere.
Queste guerre si conclusero con la morte di Luigi
d'Angiò nel 1384, ma Carlo III sarebbe stato ucciso in
Ungheria due anni dopo.
Ci fu allora la reggenza del suo figlio minore Ladislao I,
mentre il partito a lui avverso ed il papato chiamarono al
trono il minorenne Luigi II d'Angiò che, nel 1390,
conquistò Napoli ed il suo regno nel momento in cui anche
Ladislao esercitava i pieni poteri da Gaeta.
Intanto i soldati mercenari stavano facendo molti stermini,
ma i lancianesi li misero in fuga da Fossacesia e
Guardiagrele nel 1387.
Le battaglie fra i Durazziani e gli Angioini proseguirono
fino alla vittoria di Ladislao I nel 1399 ed alla sua
entrata in Roma verso il 1401, dopo aver vinto Luigi II che
era stato richiamato dal papato.
Durante queste lotte nelle terre dell'Abruzzo il famoso
capitano di ventura Attendolo Sforza supportava Ladislao,
mentre Braccio da Montone sosteneva Luigi.
Ladislao fece una concessione agli ebrei il 27 luglio 1400
in modo che essi potessero vivere e commerciare liberamente
a Lanciano.
Egli concesse anche i più grandi privilegi a Lanciano con
molti diplomi e la città riconquistò quasi tutti i paesi
dell'antica regione della Frentania.
Con un diploma dell'11 luglio 1390 altre zone di
Rizzacorno.
Con un altro del 17 luglio 1391 il feudo di Borrello e nel
1392 i feudi di Civitaluparella, Fallo, Pescopennataro,
Pizzoferrato, Quadri, Rosello.
Nel 1396 i feudi di Casalbordino e Gessopalena.
Nel 1406 i feudi di Castelnuovo (oggi Castelfrentano),
Crecchio ed altre terre di Sant'Amato e Vasto.
Va evidenziata la tradizione locale secondo la quale Milasio
di Milazzo, nel 1412, insegnò l'arte di fare gli aghi a
quelli che diventarono i famosi agorai lancianesi nel
medioevo (c'è ancora Via degli Agorai nel quartiere
Lancianovecchia).

Ladislao morì nel 1414 senza figli e sua sorella Giovanna
II divenne regina, e furono di nuovo anni di guerra perché
lei, che si era sposata due volte senza aver figli, adottò
come re il principe Alfonso V, figlio del re Ferdinando
d'Aragona, Sicilia e Sardegna, per resistere contro Luigi
III d'Angiò che le dichiarò guerra nel 1420.
Quando Alfonso V fece capire di voler possedere tutto il
regno, la regina scelse come erede Luigi III nel 1423.
Intanto quasi tutto l'Abruzzo era in rivolta contro
l'autorità della regina e molte terre, nel 1420, erano
state distribuite ai nobili rimasti leali a Giovanna II.
Lanciano si era distinta nella liberazione di Torino di
Sangro e l'aveva acquistata nel 1420, ottenendo altresì
molte esenzioni fiscali per i suoi feudi dalla regina.
Braccio da Montone aveva occupato molti paesi diventando il
governatore dell'Abruzzo mentre le truppe di Giovanna II,
aiutate dai mercenari di Attendolo Sforza, li inseguivano.
Poi Lanciano ricevette i feudi d'Arielli e Lama dei
Peligni, e Canosa nel 1421.
Queste piccole città erano state riconquistate ai baroni
ribelli e la ricca Lanciano, che pagava molti soldi per il
loro possesso, doveva riportarle sotto l'autorità della
corona.
Nel 1423 Braccio da Montone conquistò Lanciano, ma
Attendolo Sforza la liberò alla fine dello stesso anno.
Lanciano aveva avuto diversi diplomi, da Giovanna I nel 1365
e nel 1372, e da Ladislao nel 1395, che autorizzava la
costruzione di un porto a S. Vito, ma ciò era rimasto solo
sulla carta per l'opposizione di Ortona.
Finalmente il porto fu subito costruito dopo un diploma
inviato da Alfonso il 12 maggio 1422 da Castellammare di
Stabia.
[Probabilmente il porto già esisteva al tempo dei romani
per collegarsi con le coste dalmate e si chiamava Gualdo.
Per il suo possesso ci furono molti conflitti sanguinari fra
Lanciano ed Ortona fino a quando S. Giovanni da Capestrano
riuscì a riconciliarle il 17 febbraio 1427, ed il porto di
S. Vito rimase sotto il controllo di entrambe le città.
Sei anni dopo gli scontri ripresero e solo nel 1441
Lanciano, favorita dagli aragonesi, ebbe il pieno uso del
porto e le sue fiere divennero sempre più trafficate. Due
secoli dopo, di pari passo con la decadenza delle fiere
lancianesi, il porto di S. Vito avrebbe perso la sua
importanza. Sarebbe stato ricostruito durante i primi anni
del ventesimo secolo.].
Giovanna II morì nel 1435 e l'anno prima, dopo la morte di
Luigi III, aveva designato il figlio di quest'ultimo,
Renato, come suo erede, mentre Alfonso V d'Aragona ed il
papato reclamavano anch'essi il trono.
Renato, affiancato da Giacomo Caldora, s'impadronì di
quasi tutto l'Abruzzo ed Alfonso V scappò dalla regione
nel 1438.

Giacomo Caldora morì l'anno dopo e il suo figlio ed
erede Antonio combatté al fianco di Renato, ma essi furono
sconfitti da Alfonso V, che completò la conquista di
Napoli nel 1442, diventando il re Alfonso I della nuova
dinastia Aragonese nel Regno delle Due Sicilie (con la
Sardegna).
L'Italia meridionale era ancora una volta riunita dai
tempi dei Vespri Siciliani del 1282.
Lanciano, per la sua lealtà al re, fu chiamata "la
città aragonese" ed ebbe molti vantaggi da Alfonso I.
Come il feudo di Treglio nel 1441 ed il diploma spedito da
Benevento il 22 gennaio dello stesso anno, quando Alfonso
condivideva il regno con Renato, e che confermava Lanciano
come una città demaniale, coi suoi feudi, l'uso
incondizionato del porto di S. Vito, l'abrogazione
dell'arbitrato fatto da Giovanni da Capestrano, ed alcuni
benefici fiscali a discapito di Ortona che aveva
fiancheggiato gli Angioini-Durazziani.
Due anni dopo, con un altro diploma, Lanciano poté
fortificare il porto di S. Vito ed eventualmente difenderlo
con le armi.
Altri diplomi furono spediti da Napoli nel 1447, circa gli
approvvigionamenti di sale ai feudi di Lanciano ed ai paesi
vicini; da Torre Annunziata l'11 marzo 1450, che stabiliva
la durata delle fiere locali in quindici giorni in maggio ed
in agosto, mentre altre fiere simultanee potevano aver luogo
a non meno di trenta chilometri dalla città; da Traetto
nel 1453, per ribadire i vecchi privilegi alle autorità
locali di far leggi e di stabilire i pesi e le misure delle
merci; da Napoli il 16 maggio 1457, per garantire i guadagni
delle fiere alla città.
Alfonso aveva ereditato un regno oppresso da tasse
esorbitanti, ma nel 1443 aveva riformato il sistema fiscale
sostituendo alla "colletta" degli Angioini una tassa
fissa per "fuochi", in pratica per famiglie, senza altri
contributi straordinari.
Così i nuclei familiari erano composti di molte persone
mentre l'economia generale migliorava.
Nel 1447 Lanciano aveva 973 famiglie e circa 4000 abitanti,
ma il 20% della popolazione perì durante il terribile
terremoto del 5 dicembre 1456.
Alfonso I "il Magnanimo" visitò Lanciano nel 1458 e
morì nello stesso anno dopo un'altra divisione del
regno: a suo fratello Giovanni andarono l'Aragona, la
Sicilia e la Sardegna, e al suo figlio illegittimo
Ferdinando il Regno di Napoli (e Lanciano).
Il nuovo re Ferdinando (Ferrante) osteggiò i diritti
ecclesiastici sul suo trono e sconfinò nelle terre papali,
mentre i prezzi aumentavano e ci fu un'elevata inflazione.
Il re aveva bisogno di rendersi popolare, visitò molte
città e stette a Lanciano nell'estate del 1459.
Con un diploma trasmesso da Capua il 28 giugno 1458, ed
altri due non databili, riconfermò tutti i feudi a
Lanciano, i privilegi delle fiere locali che erano "mille
anni vecchie" ed i diritti sul porto di S. Vito.
Il papato ed i baroni gli si ribellarono col supporto di
Giovanni d'Angiò e del capitano di ventura Iacopo
Piccinino che, intorno al 1460, conquistò molte città
abruzzesi.
Un paio d'anni dopo gli Aragonesi trionfarono con la
cooperazione del famoso eroe nazionale albanese Gjergj
Kastrioti Skenderbeu e recuperarono tutte le città.
In due lettere, del 31 gennaio 1460 e del 15 gennaio 1461,
Ferdinando ringraziava la fedele Lanciano e con un diploma
di ventuno capitoli, inviato da Napoli il 1° marzo 1463,
l'agevolava contro l'angioina Ortona.
Da un altro diploma, sempre datato 1° marzo 1463, sappiamo
che gli ebrei avevano gli stessi diritti dei lancianesi.
Poi il re tornò a Lanciano nel 1464.
Secondo la tradizione letteraria, nel 1470 la città
respinse un attacco della vicina Castelfrentano e preservò
il suo feudo.
Ci furono altri tumulti da parte dei baroni in Abruzzo
(1484-87) ma l'ordine pubblico fu ristabilito dopo delle
durissime battaglie.
A quel tempo Lanciano era completamente circondata da mura,
fossati, bastioni ed il Torrione Aragonese, ancor oggi ben
visibile nei pressi della Fonte del Borgo, fu aggiunto nel
1480.
Il 18 novembre 1488, con una lettera inviata da Sulmona per
ripristinare l'ordine pubblico, il re ordinò l'espulsione
da Lanciano degli Schiavoni (albanesi, dalmati e slavi) che
si stanziarono nelle campagne cittadine dove gli stessi
Schiavoni fondarono Villa Stanazzo nel 1484.
Ferdinando morì nel 1494 e suo figlio divenne il nuovo re
Alfonso II, che preservò i privilegi a Lanciano con un
diploma inviato da Napoli il 14 marzo.
Già l'anno dopo, conseguentemente alla nota spedizione
in Italia di Carlo VIII d'Angiò, egli abdicò in favore
del figlio Ferdinando II, il quale si rifugiò nell'isola
d'Ischia nel febbraio 1495 dopo l'effimera vittoria di
Carlo VIII.
Quando il re angioino fu costretto a scappare in Francia
Ferdinando II tornò sul trono a luglio e poi sposò
Giovanna d'Aragona.
Lanciano non aveva tradito Ferdinando II che, con un diploma
spedito da Sarno il 28 ottobre 1495, le convalidò i
precedenti privilegi, ritirò le concessioni fatte dagli
angioini agli ortonesi e riconobbe il diritto
d'indipendenza della diocesi di Lanciano da quella di
Chieti.
Ma il suo regno fu molto breve ed egli morì senza figli
nel 1496.
Il nuovo re era suo zio Federico II che prorogò i vantaggi
a Lanciano con un diploma spedito da Gaeta il 15 novembre
1496.
Carlo VIII morì nel 1498 ed il cugino Luigi XII, il nuovo
re di Francia, reclamando i diritti ereditari degli angioini
invase il Regno di Napoli.
Federico II interpellò il suo potente zio Ferdinando
d'Aragona "il Cattolico", ma quest'ultimo ed il re
francese si divisero il Regno di Napoli col trattato di
Granada nel 1500, tanto che Federico si dimise ed ebbe il
ducato francese dell'Anjou.

Così l'efficiente epoca Aragonese nell'Italia del sud
terminava nel 1501, Luigi XII ebbe l'Abruzzo e sappiamo che
era a Lanciano nell'agosto 1501.
Subito scoppiarono dei conflitti tra le due nazioni
occupanti, fino a quando il capitano spagnolo Gonzalo da
Cordova vinse i francesi nelle battaglie di Seminara e di
Cerignola nell'aprile 1503.
Con l'armistizio di Lione nel 1504 i francesi mantennero
il Ducato di Milano e Ferdinando restava l'incontrastato
re del Regno di Napoli, con la Sicilia, che fu, in effetti,
amministrata dai viceré.
Lanciano aveva perso la propria "indipendenza" e il
viceregno spagnolo sarebbe durato fino al 1707.
Ferdinando "il Cattolico", con un diploma spedito da
Napoli il 29 aprile 1507, riaffermava i diritti di Lanciano.
[Nel 1492 Cristoforo Colombo aveva quasi inconsapevolmente
scoperto il nuovo mondo, e dal Mediterraneo le storiche vie
commerciali si erano spostate verso l'Oceano Atlantico.
Malgrado ciò le fiere di Lanciano sopravvissero per più
di un secolo.].
[Nel XVI secolo le fiere locali erano meta di commercianti e
visitatori che giungevano dalle altre città della
Frentania e dell'Italia, e vi erano pure Dalmati, Greci,
Ebrei, Francesi, Germanici, Spagnoli, e popoli Asiatici ed
Africani. Le fiere avvenivano due volte l'anno, dal 31
maggio al 15 giugno, e dal 31 agosto al 15 settembre, ma
esse erano molto rinomate nel regno e qualche volta le date
erano spostate a causa di guerre o calamità naturali. Da
molte cambiali sappiamo che c'era una grande richiesta di
libri, berretti, cristalli di Murano, cotone, zafferano, e
vi fu anche un mercato degli schiavi, mentre si esportavano
cereali, pelli, olio, vino, lana ed altri generi di
drogheria. Gli scambi commerciali con l'altra sponda
dell'Adriatico furono molto proficui e l'importante
repubblica di Ragusa (oggi Dubrovnik) aveva una sede
consolare a Lanciano, mentre i rappresentanti delle più
grandi città italiane ed europee vivevano qui.].
Quando Ferdinando "il Cattolico" morì nel 1516, gli
successe il grande imperatore Carlo V e Lanciano era una
città dell'impero spagnolo su cui non "tramontava mai il
sole".
In quei tempi visse il famoso pittore Polidoro di Mastro
Renzo nato a Lanciano nel 1515 e morto a Venezia, dove
svolse la sua rinomata attività artistica, nel 1565.

Finalmente nel 1515 Lanciano ebbe la sede vescovile.
Non ci sono documentazioni circa la tradizione secondo cui
Lanciano era un antico centro episcopale con un vescovo, ma
la città era sempre stata sotto la diocesi di Teate
(Chieti), secondo la tradizione orale sin dal IV secolo
mentre gli atti partono dagli ultimi anni del X secolo,
quando il vescovo teatino era rappresentato in città
dall'arciprete della chiesa di S. Maria Maggiore.
Lanciano voleva l'indipendenza religiosa da Chieti, già
ratificata da Ferdinando II d'Aragona e da Ferdinando
"il Cattolico", e per i lancianesi aveva negoziato il
marsicano Angelo Maccafani, il quale aveva molte conoscenze
e si era recato presso il Papa Leone X.
Quindi, da una Bolla Papale, trasmessa da Roma dallo stesso
Papa il 28 maggio 1515, Lanciano ebbe la sede vescovile ed
il primo vescovo fu lo stesso Angelo Maccafani.
La Bolla Papale del 1515 è un capillare documento storico
circa la grandezza di Lanciano che era
".una delle città più importanti e ricche degli
Abruzzi, situata in una meravigliosa posizione geografica al
centro di una distesa ampia di piccole città, ricca di
storia e feudi, molto famosa nel Regno di Napoli per le sue
affollate e remunerative fiere, con le magnifiche chiese e
monumenti, con uomini e teologi assai colti." e che
diventava ora ".indipendente dalla diocesi teatina, con la
prima residenza vescovile nella cattedrale di Maria S. S.
dell'Annunziata, e contributi in denaro dalla
cittadinanza.".
Il primo vescovo Angelo Maccafani venne a Lanciano il 20
aprile 1516, fu accolto calorosamente dai fedeli e si
stabilì in alcuni edifici attigui alla cattedrale.
Ma le dispute con Chieti continuavano e il 5 giugno il duca
di Termoli, capo della provincia ed istigato dai chietini,
fece imprigionare il vescovo che fu immediatamente liberato
dai cittadini.
Il 20 ottobre 1518 Lanciano ebbe l'autorevole approvazione
della sua sede vescovile da parte dell'imperatore Carlo V,
ma il 1° luglio 1526 il Papa Clemente VII istituì
l'arcivescovado a Chieti con la giurisdizione su Lanciano.
Soltanto nel 1547 Lanciano si staccò da Chieti e dipendeva
ora direttamente dalle Santa Sede.
Il 21 luglio 1559 Lanciano subì l'interdetto
dell'arcivescovo di Chieti ed alcuni manifesti furono
affissi segretamente sul portale della chiesa cittadina di
S. Nicola.
La svolta avvenne il 26 gennaio 1560 quando il domenicano
Leonardo de Marinis divenne il sesto vescovo della città
ed ebbe la brillante idea di far elevare l'arcivescovado a
Lanciano.
Il 29 novembre 1560 era andato a Napoli, dove era stato
ricevuto dal re Filippo I, e poi a Roma, per parlare col
Papa Pio IV.
La Bolla Papale del 9 gennaio 1562 istituì, finalmente,
l'arcidiocesi di Lanciano
".con le pressanti necessità di riconciliare le
diocesi di Lanciano e Chieti.", ma Lanciano non aveva
ottenuto la giurisdizione religiosa sopra i suoi feudi e le
città vicine.
Leonardo de Marinis fu il primo arcivescovo lancianese dal
marzo 1562 fino al 1567, e stette per molto tempo lontano
dalla città poiché ricopriva il prestigioso incarico di
segretario del Concilio di Trento.
Quando il famoso Concilio si concluse nel 1563 egli tornò
a Lanciano, ma subito fu richiamato a Roma per compilare
l'Index Librorum Prohibitorum.
[La diocesi di Ortona, che dal 1569 era collegata a quella
di Campli, fu soppressa nel 1818 e posta sotto la sfera
d'azione di Lanciano da Pio VII, mentre Campli fu assegnata
a Teramo. Il Papa Gregorio XVI, con una Bolla del 1834,
ristabilì la diocesi di Ortona che era amministrata da
Lanciano. Era l'arcidiocesi Lancianensis (et Ortonensis),
che cambiò in quella di Lanciano ed Ortona il 24 novembre
1945 fino a diventare l'attuale archidiocesi di
Lanciano-Ortona il 30 settembre 1986. La sede arcivescovile
si trasferì nell'attuale palazzo arcivescovile alla fine
del XVI secolo].

Dal 1505 al 1534 Lanciano era stata sconvolta da delle faide
mortali dovute alla brama del potere di due fazioni della
nobile famiglia Riccio, stabilitisi a Lanciano dal XIV
secolo ed ora divisi in un ramo "legittimo" e l'altro
"illegittimo".
L'antica letteratura locale racconta che tutto cominciò
il 13 ottobre 1505, quando l'agiato mercante Bernardino
Pelliccioni da Perugia, che aveva sposato una donna
lancianese, fu ucciso dai cognati che volevano i suoi soldi.
La moglie spaventata si rifugiò presso Pietro Riccio, il
Mastrogiurato della città, portandosi le monete dentro un
grande scrigno.
I suoi fratelli riuscirono a rubargliele e a far incolpare
Pietro Riccio, che fu ucciso da un altro Pietro Riccio del
ramo "illegittimo" il 15 novembre.
Ci furono violenze, assassini, incendi fino al 20 ottobre
1506 quando le famiglie si rappacificarono.
Le ostilità ricominciarono il 13 luglio 1513 nel momento
in cui Achille Riccio ed altri membri "legittimi"
uccisero Sallustio Florio, l'avvocato degli
"illegittimi" Riccio, nei pressi della chiesa di S.
Bartolomeo nell'allora contrada Follani.
Quindi le famiglie Florio si allearono con gli
"illegittimi" e subito furono uccise due persone dei
"legittimi".
Si formarono così due fazioni dei Riccio: i "legittimi
petroniani" capeggiati da Pietro e "gli illegittimi
antoniani" con a capo Antonio e sostenuti dalle famiglie
Florio.
Inoltre le brutali lotte cittadine si estesero negli Abruzzi
e nelle Marche, coinvolgendo Lanciano con le famose guerre
italiane fra gli spagnoli, fiancheggiati dai petroniani, e i
francesi, dagli antoniani.
La città di Lanciano e la corte di Napoli bandirono alcuni
membri dei Riccio dal regno, mentre altri furono
imprigionati ed impiccati.
Altri crimini avvennero a Lanciano il 10 febbraio 1514, il
16 ottobre 1515 e l'11 marzo 1516.
Nel 1526 molti lancianesi morirono per la peste.
Nel 1528 il famoso generale Odet de Foix, visconte di
Lautrec, luogotenente del re Francesco I, comandò la
spedizione francese alla conquista del Regno di Napoli e
quando si trovava vicino a Chieti i "legittimi" si
rivolsero agli spagnoli.
Quest'ultimi non poterono contribuire alla sicurezza di
Lanciano ed il petroniano Tullio Riccio costituì un
esercito per salvaguardare i confini degli Abruzzi, del
Regno di Napoli e perfino di Milano.
Lanciano era sguarnita e gli antoniani di Antonio Riccio
volevano farvi ritorno.
Essi andarono incontro al generale Lautrec a Chieti ed
insieme alle truppe francesi attaccarono Lanciano che si
stava difendendo nel quartiere Fiera, ma ben presto la
città fu conquistata vicino le Torri Montanare il 13
febbraio 1529.
Poi Lautrec andò a Napoli e lasciò Lazzaro Orsini alla
guida di Lanciano, mentre gli antoniani uccisero molte
persone.
Quando il "legittimo" Tullio Riccio tornò dalle nostre
parti si recò al castello di Paglieta per indurre gli
antoniani ad attaccarlo, come effettivamente avvenne il 20
settembre 1529, ma gli antoniani non riuscirono ad
espugnarlo.
Allora il conte di Palena, Giulio da Capua, venne a Lanciano
per riportarla sotto il dominio spagnolo e ciò avvenne
solo dopo che Lautrec morì a causa della peste a Napoli.
Lazzaro Orsini e gli antoniani scapparono a Barletta dove
parteciparono a molte battaglie sotto la guida di Renzo da
Ceri, mentre i petroniani e gli spagnoli costrinsero alla
resa Lanciano.
Allora gli antoniani, guidati da Federico Carafa, mossero
con ventisei piccole navi da Barletta verso Ortona, ma non
riuscirono a conquistarla, ed occuparono poi l'indifesa
Lanciano passando attraverso la porta di S. Nicola, coi
relativi saccheggi, furti ed il popolo rinchiuso nelle
chiese.
Poi gli spagnoli ritornarono per accusare Lanciano di alto
tradimento e la città perse i feudi di Paglieta e S. Vito,
assegnati a Rancho Lopez, ed Arielli e Canosa, dati ad
Emmannuele de Vega.
Gli antoniani tornarono in città il 24 agosto 1530, quindi
scapparono e ritornarono per l'ennesima volta il 25 aprile
1531.
Finalmente, nel 1534, Sciarra Colonna ed il capo della
provincia Capoferro agirono da pacieri e le ostilità fra
le fazioni ora presiedute da Riccio Riccio e Federico Florio
terminarono.
Essi e la loro città natale furono perdonati per i
trent'anni di crimini.

Il 20 marzo 1536 l'imperatore Carlo V inviò una lettera
da Napoli per impedire altre fiere intorno a Lanciano quando
quelle locali erano in corso.
Nel 1556 Carlo V abdicò e diede il Regno di Napoli a suo
figlio Filippo II che continuò le guerre fino alla pace di
Cateau-Cambresis (1559), che mise fine a sessant'anni di
conflitti e riconobbe l'egemonia spagnola sull'Italia (e
su Lanciano).
Filippo II, con un diploma spedito da Toledo il 26 gennaio
1561, riconfermò i precedenti diritti di Lanciano sulle
città circostanti.
Nell'estate del 1566 un centinaio di vascelli turchi,
comandati da Pialì Pascià (un nome che ricorre nelle
storie delle città tirrene) invase le nostre coste,
vanamente difese dalle torri di controllo che erano state
costruite vicino le foci dei fiumi.
I turchi saccheggiavano tutto quello che potevano,
uccidevano e schiavizzavano donne, vecchi e bambini,
massacravano gli animali, mentre chi fuggiva trovava rifugio
nella sicura e inattaccabile Lanciano.
Infine il pericolo turco finì con la loro definitiva
sconfitta a Lepanto nel 1571.
Nel 1596 Lanciano contava 1353 famiglie e circa 6.000
abitanti.
Il nuovo re Filippo III di Spagna diede l'ultimo diploma a
Lanciano, spedito da Napoli il 15 febbraio 1608, e subito
dopo, per i debiti fatti dalla corte, e per lo sviluppo di
altre fiere in varie città dell'Italia centrale, le
fiere locali entrarono in crisi.
Ma la decadenza di Lanciano cominciò sotto il regno di
Filippo IV, quando le città erano comprate e vendute come
delle abitazioni o degli oggetti privati.
[Frattanto, nel 1618, Lanciano ebbe il suo primo catasto,
concernente i quattro quartieri del centro storico e le
città di S. Mara a Mare (oggi S. Maria Imbaro) e Petra
Costantina (l'attuale Mozzagrogna), più le contrade di
Villa Stanazzo e le confinanti di Villa Canaparo e Villa
Cotellessa, ma il territorio di Lanciano era molto più
esteso e non si tennero conto di alcune contrade come  Valle
S. Giusta, S. Amato, Rizzacorno.].

Le guerre degli spagnoli erano state sempre assai costose e
la corte dovette estinguere i debiti mettendo in vendita le
città demaniali come Lanciano.
Alessandro Pallavicino, duca di Castro, vantava dei crediti
dagli spagnoli e voleva Lanciano ed i suoi ricchi feudi;
egli la comprò con lo "sconto" il 1° agosto 1640.
La città, allora con 6.000 abitanti, aveva toccato il
fondo della sua gloriosa storia.
Il 6 ottobre e alla fine di dicembre del 1640 i cittadini si
ribellarono e misero in fuga un rappresentante del
Pallavicino, venuto a prender possesso della città.
Poi una commissione con l'avvocato Federico Cafaro andò
inutilmente a Madrid a mostrare i diplomi cittadini.
Lanciano voleva tornare sotto il dominio di qualche regnante
ed una delegazione locale si recò a Firenze nel giugno del
1641, per stabilire un contatto coi Medici che già
possedevano il Ducato di Capestrano ed altre città
abruzzesi.
Il loro tentativo fallì ed il 17 marzo 1643 fu scritta una
lettera a Ferdinando II, il granduca di Toscana, il quale
rispose il 23 maggio ringraziando i cittadini, ma senza
parlare della loro richiesta di voler essere governati dai
Medici.
Il Pallavicino morì indebitato nel 1646 ed il 14 ottobre
il marchese di Vasto, don Ferdinando Francesco D'Avalos
divenne il nuovo proprietario di Lanciano e dei suoi feudi.
Ci furono altri reclami alla corte e molte tasse onerose
imposte dai D'Avalos fino a quando il 20 luglio 1647
scoppiò una sommossa a Lanciano, indubbiamente ispirata a
quella napoletana del 7 luglio di Tommaso Aniello
"Masaniello".
La breve rivolta fu capeggiata da un altro eroe della storia
locale, il lancianese Carlo Mozzagrugno, soprannominato
"Carlone" per la sua configurazione fisica, e dal
commerciante Antonio Striglia.
Molti prigionieri furono liberati, gli agenti dei D'Avalos
furono perseguitati, ed il capo della provincia di Chieti
Michele Pignatelli venne da Ortona, dove risiedeva, per
calmare gli animi.
Poi giunse l'avvocato del fisco inviato dalla corte di
Napoli, Francesco d'Andrea, per spiegare la riduzione delle
tasse e si era stabilito nel convento di S. Agostino, mentre
altri delegati lancianesi erano andati a Napoli per far
riacquistare la demanialità a Lanciano.
La risposta non arrivava ed i D'Avalos erano potenti.
L'insurrezione del 20 luglio ebbe inizio mentre Francesco
d'Andrea cercava di pacificare i ribelli in Piazza
Plebiscito, quando ci fu l'attacco di alcuni rivoltosi con
alla testa Carlo Mozzagrugno che scesero dal quartiere
Lancianovecchia e s'incontrarono con altri al seguito di
Antonio Striglia che giunsero da Via Corsea.
Carlo Mozzagrugno rimase alla guida di Lanciano fino alla
fine d'agosto, quando Pignatelli riconquistò la città
e lo stesso "Carlone" ed i suoi sostenitori fuggirono.
Lanciano, al contrario di Chieti, prima venduta e poi
tornata demaniale, rimase sotto i D'Avalos e Carlo
Mozzagrugno ed altri nove lancianesi furono impiccati a
L'Aquila il 23 ottobre 1647.
Poi la peste del 1656 uccise molti lancianesi e così le
1353 famiglie del 1596 erano diventate solo 1073 nel 1670,
ed in molti documenti le famiglie menzionate nel catasto
cittadino del 1618 erano scomparse.
La gloriosa Lanciano non voleva sottostare ad un feudatario
e ci sarebbero stati molti contenziosi civili fino
all'abolizione della feudalità da parte di Giuseppe
Bonaparte il 2 agosto 1806.
Ferdinando D'Avalos morì nel 1665 e gli altri
proprietari di Lanciano, fino al 1806, furono il fratello
Diego, morto nel 1697, cui seguì il figlio Cesare
Michelangelo che morì senza figli nel 1729; poi Giovanni
Battista, e nel 1749 suo fratello Diego morto nel 1776 e
seguito dal figlio Tommaso.

Il nuovo re di Napoli Carlo II morì senza eredi nel 1700
e, dopo le guerre di successione spagnola, ed il trattato di
Utrecht del 1713, il Regno di Napoli, e Lanciano, furono
sotto la guida dei Borbone d'Austria dell'imperatore
Carlo VI.
Il governo dei viceré continuava e durante il breve
dominio austriaco non ci furono considerevoli cambiamenti,
mentre le guerre influivano pesantemente sul budget
cittadino.
Gli eserciti di Carlo VI furono sconfitti nel 1734, quando
Carlo di Borbone riconquistò il regno e divenne Carlo III,
re di Napoli e della Sicilia.
Questa volta la dinastia napoletana si distingueva da quella
spagnola e Lanciano, che dipendeva dalla Spagna sin dal
1504, ritornava ad essere indipendente dagli spagnoli.
Nel 1735 gli austriaci tentarono una rivincita ma furono
definitivamente sconfitti a Velletri.
  
    Carlo III ed il suo primo ministro Bernardo Tanucci
fecero molte riforme ed il loro governo apportò dei
miglioramenti con l'abolizione di alcune imposizioni
feudali e con la riduzione delle tasse pretese dalla curia
romana.
    Fu altresì riformato il catasto per un più
imparziale sistema di tassazione e nel 1747 Lanciano ebbe il
suo secondo catasto, composto di due libri voluminosi, che
finalmente si riferiva anche alle contrade cittadine, ed
esso ci dice che in quell'anno la città aveva 6288
abitanti e 1045 famiglie.
    Quando Carlo III ascese al trono di Spagna, il suo terzo
figlio, Ferdinando IV (poi Ferdinando I delle Due Sicilie),
divenne il re di Napoli e Sicilia nel 1759.
    Il reggente Tanucci continuò a confiscare le
proprietà degli ordini religiosi e a ridurre le tasse di
stampo feudale fino a quando Ferdinando sposò Maria
Carolina, la sorella della regina Maria Antonietta di
Francia, e John Acton divenne il nuovo primo ministro nel
1777.
    Dopo l'esecuzione di sua cognata Maria Antonietta nel
1793, Ferdinando IV mutò la propria politica, perseguitò
coloro che avevano gli ideali della rivoluzione francese e
nel 1798 si unì alla seconda coalizione contro la Francia.
    Dopo le vittorie italiane di Napoleone Bonaparte la
repubblica romana fu istituita nel febbraio 1798, ma a
novembre Ferdinando IV dichiarò guerra alla Francia e le
sue truppe guidate dal generale austriaco Mach
riconquistarono Roma.

Nel dicembre 1798 le truppe francesi del comandante-capo in
Italia, il generale Championnet, si impossessarono di Roma e
poi la maggior parte dell'esercito francese, diviso e
comandato dai generali Championnet, Macdonald e Mathieu,
marciò su Napoli e la conquistò, mentre altri eserciti
invasero l'Abruzzo, dove il generale Lemoine occupò
L'Aquila e Popoli, ed il generale Duhesme costrinse alla
resa Civitella del Tronto, Pescara e Chieti.
Tutti questi territori fecero parte della repubblica
partenopea istituita il 23 gennaio 1799, mentre il re
Ferdinando IV e la sua corte furono costretti a fuggire
nella Sicilia allora sorvegliata dalla flotta di Nelson.
In Abruzzo i francesi avevano incontrato delle scarse
resistenze da parte degli eserciti borbonici, ma essi furono
fortemente combattuti dalle "masse" della popolazione ed
ebbero molte perdite.
Quelle "masse", cioè grandi 'bande' di gente, si
ribellarono e si resero protagoniste con delle guerriglie
sotto l'incitamento di Ferdinando IV, per difendere
l'indipendenza, l'onore del regno, la religione, la
proprietà, contro le truppe francesi in ogni città.
Nella provincia di Chieti le "masse" erano comandate da
Giuseppe Pronio d'Introdacqua ed esse issarono le bandiere
borboniche in molte città, ma la loro rivolta si rivelò
inutile dopo la riconquista operata dalle truppe francesi
del generale Couthard.
I francesi si trovavano nella zona di Lanciano quando i
delegati cittadini Niccolò Pollidori e Francesco Paolo
Bocache si recarono ad Ortona a dir loro che la città non
avrebbe opposto resistenza.
Il 4 gennaio 1799 i francesi entrarono comodamente a
Lanciano sotto il comando del generale Monnier, mentre
alcuni membri delle più ricche e nobili famiglie furono
designati come rappresentanti cittadini.
L'Università era diventata ora la Municipalità ed i
governatori locali erano Felice Gigliani, con le funzioni di
presidente, Mattia Brasile, Niccolò De Cecco, Carlo
Filippo de Berardinis e Francesco Paolo Bocache.
Due lancianesi, Antonio Madonna e Carlo Filippo de
Berardinis (Mansueto Carabba prese il posto di
quest'ultimo nella municipalità lancianese), insieme con
il presidente Melchiorre Delfico di Teramo, furono i
triumviri del potere esecutivo in Abruzzo che aveva la sua
sede a Pescara dal 12 gennaio.
La situazione civile era caotica e sanguinaria.
I patrioti repubblicani fautori della "Liberté,
Egalité, Fraternité" non mancavano, ma la gran parte
del popolo, specie nelle campagne e nelle zone montagnose,
restava estranea ai cambiamenti promessi dalla rivoluzione
francese ed essi, che non volevano l'idealismo e le guerre
ma il pane quotidiano, si ribellarono ancora al nuovo ordine
sociale proposto dagli eserciti francesi.
Ci furono molti sconvolgimenti politici e Lanciano fu invasa
dalle "masse" dei paesi del suo hinterland il 5
febbraio, quando la sede della municipalità, l'attuale
palazzo comunale, dove molte memorie storiche furono
bruciate, e la casa del ricco cittadino e tesoriere comunale
Francesco Carabba, furono prese d'assalto dai sostenitori
borbonici capeggiati da Vincenzo Giordano e dal figlio
Fioravante.
Fu una terribile giornata ed Ermenegildo Bocache, fratello
dello storico locale e cronista di quegli tragici eventi
Uomobono, fu ucciso.
La famiglia di Francesco Carabba e del figlio Mansueto si
barricò e rispose al fuoco uccidendo molti aggressori che
tentavano di saccheggiare gli scantinati, mentre i membri
delle "masse" erano ovunque e il popolo si nascose nel
palazzo arcivescovile.
Due giorni dopo, in una riunione nella chiesa di S. Maria la
Nova (oggi S. Giovina), Fioravante Giordano fu nominato alla
guida di Lanciano.
[Intanto, nel 4° numero dell'organo ufficiale della
repubblica partenopea, il "Monitore Napoletano" del 12
febbraio 1799, Lanciano era diventata la capitale del
distretto del Sangro. Il 5° numero del 16 febbraio aveva
stabilito i confini del dipartimento del Sangro. Il 6°
numero del 19 febbraio aveva specificato i distretti delle
sedici città del dipartimento: la capitale Lanciano,
Ortona, Palena, Alitta, Pescocostanzo, Castel di Sangro,
Agnone, Barranello, Campobasso, La Riccia, Trivento, Larino,
Termoli, Serracapriola, Dragonara e Vasto.].
I francesi di Couthard stavano riconquistando molte città
ed occuparono Lanciano il 20 febbraio, quando essi entrarono
dalla porta S. Biagio e da quella di S. Maria la Nova dopo
delle terribili battaglie.
Nonostante le rassicurazioni di Couthard ci furono molte
impiccagioni e Fioravante Giordano fu salvo per
l'intercessione della famiglia di Francesco Carabba.
La città dovette pagare molti soldi ai francesi, mentre la
municipalità fu ristabilita e la guardia civica
rafforzata.
Il 25 febbraio 1799 i lancianesi presero parte alla
conquista della ribelle Guardiagrele.
A marzo i repubblicani, in Piazza Plebiscito, eressero
"l'albero della libertà" dipinto coi colori della
bandiera francese, e ci furono canti e danze.
Alla fine d'aprile le truppe francesi furono richiamate a
combattere nell'Italia settentrionale ed i repubblicani
rimasero a dar manforte ad alcune città, mentre i
borbonici e le "masse" controllavano la maggior parte
dei territori.
Intanto Pronio aveva restaurato il governo monarchico a
Chieti ed Ortona e l'11 maggio entrò a Lanciano.
Il giorno dopo aveva fatto arrestare alcuni lancianesi senza
neanche conoscere le loro idee politiche.
La sera stessa, alle 9 in Piazza Plebiscito, quei
prigionieri furono umiliati dalle grida della folla e
costituirono una triste coreografia intorno "all'albero
della libertà", poi abbattuto e avvicendato da una croce
con le immagini dei monarchi borbonici.
Il 15 maggio i prigionieri furono trasferiti a Chieti e
Pronio lasciò Lanciano con a capo Biagio de Ilio.
Un nipote di quest'ultimo, il 16 maggio, ingiuriò il
giovane Diodato Bocache ed i due stavano lottando quando il
padre di Bocache fece rifugiare il figlio nella casa di
Giuseppe Brasile, dove i più accesi seguaci di De Ilio lo
uccisero.
Infine ci furono i soliti saccheggi.
Pronio tornò a Lanciano il 22 maggio e la città pagò
molti soldi per iniziativa del repubblicano Giuseppe
Brasile, che aveva cambiato bandiera diventando il capitano
delle "masse" locali, mentre Vincenzo Giordano fu il
governatore cittadino.
Solo Pescara, difesa da Ettore Carafa, il duca di Ruvo, era
da conquistare e le "masse" di Pronio l'assediarono il
24 maggio e lo stesso Pronio fu nominato generale da
Ferdinando IV il 2 giugno.
La breve storia, di poco meno di sei mesi, della repubblica
partenopea ebbe fine il 13 giugno 1799, quando gli eserciti
composti dai soldati borbonici, da contadini e briganti,
entrarono a Napoli al comando del cardinale Fabrizio Ruffo e
coadiuvati dal mare dall'ammiraglio Horatio Nelson.
I repubblicani s'arresero con la promessa d'aver salva
la vita, ma i borbonici trasgredirono i patti per volere di
Nelson e ci furono terribili vendette e rappresaglie, anche
a Lanciano dove Fioravante Giordano divenne ancora
governatore.
Il 30 giugno la fortezza di Pescara capitolò con saccheggi
e terribili esplosioni di polvere da sparo, ed il 4
settembre Ettore Carafa fu decapitato a Napoli.
Dappertutto ci furono delle manifestazioni di gioia per il
ritorno dei Borboni, ma ovunque i delinquenti ebbero la
meglio sugli onesti.
A Lanciano ci fu un deplorevole atto di cannibalismo quando
Francesco Carabba e sua moglie Scolastica furono assassinati
ed i loro corpi furono strascicati per le vie cittadine fino
a quando un certo Francesco Paolo Orsini arrostì e
mangiò le carni dello stesso Carabba.
Era problematico governare la città e Pronio tornò
inefficacemente a Lanciano alla fine d'agosto del 1799.
A settembre Ignazio Ferrante fu incaricato dalla corte di
Napoli d'organizzare i processi in Abruzzo, ed egli
delegò i suoi poteri a Lanciano all'avvocato chietino
Antonio Gigli per arrestare i repubblicani con l'accusa
d'essersi ribellati al re.
A dicembre gli ex governatori cittadini repubblicani furono
messi in prigione nelle stanze del convento di S. Agostino,
insieme con altri repubblicani come lo scrittore locale
Uomobono Bocache.
Nei primi mesi del 1800 alcuni prigionieri furono condotti a
Chieti insieme con altri delle città vicine a Lanciano, ed
essi furono condannati al carcere a marzo.
Nell'aprile 1800, con un editto del re Ferdinando IV,
alcuni prigionieri lancianesi furono subito liberati, tra i
quali c'erano Uomobono Bocache, Felice Gigliani e Mansueto
Carabba.
La situazione era sempre incontrollabile ed il 12 settembre
molte persone furono arrestate ed uccise in città, tra le
quali quell'Orsini che aveva mangiato le carni di
Francesco Carabba.
Furono anche arrestati e condotti a Pescara Vincenzo e
Fioravante Giordano, e il capitano Giuseppe Brasile, per la
loro incapacità di metter fine ai crimini politici, ma
essi furono subito liberati.
Nel frattempo Napoleone Bonaparte aveva riconquistato
l'Italia con la vittoria a Marengo (14 giugno 1800),
mentre l'armistizio di Firenze (marzo 1801) con Ferdinando
IV aveva sancito la pace tra i due contendenti ed il diritto
di residenza d'alcune truppe francesi in Abruzzo.
Con altri editti furono liberati dei prigionieri
repubblicani tra i quali, purtroppo, anche molti delinquenti
comuni.
Poi i francesi si ritirarono dal Regno di Napoli dopo il
trattato d'Amiens del maggio 1802.
Nel 1803 i francesi tornarono a controllare alcune province
ed una guarnigione del generale Soult si stabilì a
Lanciano, nel quartiere Civitanova, a giugno.
Intanto qualcuno aveva abbattuto la cappella con
l'immagine dei monarchi borbonici in Piazza Plebiscito,
provocando altre oppressioni ai simpatizzanti della Francia
o a dei cittadini semplicemente sospettati, anche se il
Regno di Napoli era in pace con la Francia.
Il 18 maggio 1804 Napoleone Bonaparte diventò imperatore e
fu incoronato a Notre-Dame de Paris il 12 dicembre.
Le sue vittorie preoccupavano la corte di Napoli che cercava
d'organizzare i propri eserciti nell'eventualità di
un'invasione francese.
Nei primi giorni del dicembre 1805 il capitano spagnolo
Navarra giunse a Lanciano, mentre Fioravante Giordano
ritornò da Napoli per preparare il contrattacco ai
francesi.
Giuseppe Bonaparte, il fratello di Napoleone, fu mandato con
un esercito nel Regno di Napoli nel febbraio 1806, e
diventò il nuovo re in conformità della politica di
Napoleone mentre Ferdinando IV scappò in Sicilia.
Nello stesso mese le truppe francesi occuparono molte
città abruzzesi senza spargimento di sangue ed essi
entrarono a Lanciano, accolti trionfalmente, nello stesso
febbraio.
Durante il suo breve regno Giuseppe Bonaparte abolì la
feudalità col decreto del 2 agosto 1806, e con la legge
del seguente 1° settembre ordinò la distribuzione di
tutte le terre statali e di quelle ormai aride, chiuse molti
conventi e confiscò le proprietà ecclesiastiche.
Poi ridusse le tasse, istituì un parlamento, riorganizzò
gli eserciti e favorì vari lavori di pubblica utilità
coi rifacimenti e gli allargamenti delle strade in occasione
della sua visita in Abruzzo nell'ottobre 1807, quando non
poté venire a Lanciano per un complotto che era stato
scoperto contro la sua persona.
Egli riformò anche il sistema legale nel 1808 con
l'elezione dei giudici di pace e Antonio Madonna fu il
primo a Lanciano, che era sede del tribunale mentre la corte
d'appello si trovava a Chieti.
Il 15 luglio 1808 Giuseppe Bonaparte diventò re di Spagna
e Gioacchino Murat, il cognato di Napoleone, fu messo sul
trono di Napoli (ma egli, come Giuseppe, fu solo un
"viceré" di Napoleone).
Il 16 settembre 1808 il tribunale fu trasferito a Chieti e
Lanciano ebbe la corte d'appello, la cui sede era
nell'attuale palazzo arcivescovile di Largo
dell'Appello.
Murat istituì i registri di stato civile, da secoli tenuti
dalla chiesa, e continuò le riforme del suo predecessore.
Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia (ottobre 1813) il
Regno di Napoli decadde e Murat si alleò cogli austriaci
per conservare il trono.
Non ottenne nulla e cercò, col proclama da Rimini del 30
marzo 1815, di riunire tutti gli italiani nella lotta per la
loro unità ed indipendenza.
Ma il popolo desiderava la pace, egli era solo, e fuggì
dall'Italia mentre i Borboni rientrarono a Napoli l'8
giugno.
Allora Murat sbarcò a Pizzo Calabro per riacquisire il
regno ma fu fucilato il 13 ottobre 1815.

Dopo il congresso di Vienna (1814-15) e la restaurazione
borbonica Ferdinando IV, che era tornato a Napoli nel giugno
1815, divenne Ferdinando I, re delle Due Sicilie (con
l'articolo 104 del congresso di Vienna, la Sicilia fu
annessa al nuovo stato).
Comunque i tempi erano cambiati e l'emergente borghesia
voleva una costituzione e la rappresentanza nel governo,
mentre in tutta la penisola c'erano dei forti sentimenti,
idee e teorie dell'unità d'Italia.
Ma il movimento dei carbonari era fin troppo segreto ed il
messaggio della conquista dell'indipendenza nazionale
restò incomprensibile alla gente comune.
Dei moti di rivolta avvennero a Pescara e Città S. Angelo
nel marzo 1814.
Lanciano s'era schierata coi francesi e per questo la
corte d'appello fu trasferita a L'Aquila nel maggio
1817.
Dopo i famosi moti del 1820 il generale Guglielmo Pepe si
recò a Napoli ed il re concesse una costituzione il 13
luglio 1820.
Ci furono delle libere elezioni e Lanciano era un distretto
"dell'Abruzzo Citeriore" dove, il 3 settembre, fu
eletto il suo cittadino Saverio Brasile.
Poi il re revocò la costituzione, sciolse il parlamento, e
ritornò sul trono nel marzo 1821 con la collaborazione
degli austriaci.
Anche dalle nostre parti molti rivoltosi locali furono
uccisi o espulsi, come Gabriele Rossetti di Vasto, un
carbonaro precursore della futura unità italiana e poi un
gran poeta della letteratura inglese.
Ferdinando I morì nel 1825 e il figlio Francesco I salì
al trono.
Il figlio di quest'ultimo, Ferdinando II, diventò il
nuovo re nel 1830 e promulgò varie amnistie ai dissidenti
politici, per poi rivelarsi egli stesso un vero despota
quando represse le rivolte.
Egli venne a Lanciano il 16 settembre 1832 dalla via di
Torino di Sangro e S. Maria Imbaro, attraverso il tratturo,
e la mattina dopo partì dalla festosa Lanciano per
visitare altre province del regno, senza aver soddisfatto le
pretese locali di fare di Lanciano la principale città del
distretto e di ridargli la sede della corte d'appello.
Dal 12 al 18 settembre 1833 si svolsero a Lanciano le prime
"Feste di Settembre", le feste patronali in onore di
Maria S. S. del Ponte.
Il re sposò Maria Cristina di Savoia nel 1832 ed il
principe ereditario Francesco nacque nel 1836; nello stesso
anno Ferdinando II rimase vedovo e l'anno dopo si
risposò con Maria Teresa d'Austria.
Il 26 settembre 1839 egli inaugurò il primo tratto di
ferrovia italiana (Napoli-Portici), sviluppò la marina
mercantile e migliorò i collegamenti tra Napoli e la
Sicilia.
Ci furono altre saltuarie agitazioni in Abruzzo, nel 1831,
1837 e nel 1841, ma esse erano sempre fallite per la non
adesione della gente comune.
Il 22 aprile 1847 il re Ferdinando II venne nuovamente a
Lanciano, attraverso il tratturo da Torino di Sangro e S.
Maria Imbaro, e presenziò ad una rappresentazione al
Teatro Fenaroli, allora dedicato al principe ereditario
Francesco e costruito intorno al 1840 insieme col primo
cimitero cittadino in contrada Valle S. Croce.
I lancianesi non si distinsero negli anni dell'Unità
d'Italia, quando il potere borbonico fiaccò le loro
resistenze ed era assai problematico per la gran parte del
"popolino" comprendere parole utopiche come "unione
nazionale", "libertà dallo straniero",
"confederazione dei vari stati italiani sotto la guida del
Papa", "confederazione dei vari stati italiani sotto la
guida dei Savoia", ecc.
Nelle elezioni del 18 aprile 1848, svoltesi dopo che il 10
febbraio il re aveva concesso la costituzione sotto lo
stimolo della rivolta palermitana, non furono eletti dei
lancianesi e la nostra zona fu rappresentata dal grande
patriota Silvio Spaventa di Bomba.
Il parlamento doveva essere inaugurato a Napoli il 15
maggio, ma non poté iniziare la sua attività per dei
sanguinosi scontri tra le forze borboniche e la popolazione.
Nelle nuove elezioni indette il 15 giugno furono eletti gli
stessi deputati del 18 aprile.
Il nuovo parlamento fu poi sciolto il 12 marzo 1849.
Alcuni rivoltosi diffusero degli opuscoli antiborbonici a
Lanciano e Carlo Madonna (Lanciano 1809-1891), l'eroe
locale del Risorgimento, che aveva salvato la sua città
dalla rappresaglia francese il 22 febbraio 1799, divenne il
segretario della mazziniana "Giovine Italia" a Napoli,
ma egli fu imprigionato nel dicembre 1850, poi condannato e
rilasciato.
Lanciano sosteneva i Borboni e dopo la morte di Ferdinando
II il nuovo re fu suo figlio Francesco II, destinato ad
essere l'ultimo re borbonico.

Il resto della storia è noto.
Le 1089 camicie rosse di Giuseppe Garibaldi liberarono il
Regno delle Due Sicilie nel settembre-ottobre 1860, mentre
l'esercito piemontese comandato dai generali Cialdini e
Fanti aveva conquistato l'Italia del nord e centrale ad
eccezione di Roma, il Veneto e parte del Lazio.
Il Regno delle Due Sicilie ebbe fine nel momento in cui
Garibaldi lo consegnò al re Vittorio Emanuele II di Savoia
il 27 ottobre nel loro storico incontro vicino a Teano.
Vittorio Emanuele II non venne a Lanciano e nel pomeriggio
del 18 ottobre fu ricevuto a Chieti dove assistette ad una
Santa Messa nella cattedrale di S. Giustino, e subito dopo
passeggiò lungo il Corso Marrucino circondato
dall'entusiasmo popolare.
Sin dall'8 settembre Lanciano aveva aderito al nuovo Regno
d'Italia.
Lanciano aveva 16.000 abitanti nel 1856 e 18.000 nel 1861.
Nel febbraio-marzo 1861 fu inaugurato il primo parlamento
d'Italia, la capitale fu trasferita da Torino a Firenze il
15 settembre 1864, il Veneto fu annesso nel luglio 1866,
fino a quando con la liberazione di Roma del 20 settembre
1870 tutta l'Italia fu unita e Roma stessa diventò la
sua capitale.
Purtroppo il glorioso Risorgimento italiano fu macchiato da
moltissime vicende sanguinose, saccheggi di città e di
case, ed uccisioni di persone innocenti sia da parte dei
garibaldini che dei piemontesi.
L'Italia centro-meridionale, dal 1861 al 1867, fu
sconvolta dal brigantaggio, con delle battaglie sanguinose
tra i briganti e il nuovo potere ufficiale che causarono
cinquemila morti.
Il brigantaggio era supportato dai Borboni esiliati a Roma e
dal clero contro i nuovi governanti italiani, ma esso nacque
pure dall'insoddisfazione dei contadini quando le terre
furono date ai ricchi proprietari, dalla generale chiamata
alle armi che toglieva della forza lavoro alle famiglie,
dalla crisi economica.
Così i contadini, il settanta per cento della popolazione,
simpatizzarono coi briganti ed il distretto di Lanciano fu
sconvolto dal sangue per opera di alcuni soldati
dell'esercito borbonico e da piccole bande composte di
giovani delinquenti che operarono razzie, rapimenti,
torture, assassini, per la catastrofica necessità
d'autofinanziare la loro guerriglia.
Essi tennero in scacco le forze governative approfittando
della loro straordinaria mobilità e della perfetta
conoscenza di terre e città, montagne e boschi, con,
talvolta, la complicità del popolo.
I briganti vestivano di nero con larghi cappelli neri ed
avevano delle lunghe barbe e i capelli a spiovente sulle
spalle, tanto che sembravano più vecchi della loro età
(in media avevano intorno ai venticinque anni).
Ogni città aveva le guardie per reprimere i rivoltosi e
nel gennaio 1861 ci fu un massacro nel territorio della
città di Poggiofiorito, quando un plotone di Lanciano si
era recato là per catturare la banda di Nunzio Mecola di
Arielli e molti lancianesi, tra i quali il luogotenente
Filippo Prosini, erano stati uccisi e decapitati.
I capi delle bande avevano dei curiosi e famosi soprannomi.
Il lancianese Antonio Fanci, nato nel quartiere di
Civitanova, era noto come "Strillo" ed aveva una
terribile banda di quaranta elementi tanto che tutti si
rifugiavano nelle case quando il bandito "Strelle" stava
arrivando.
Nicola Colaneri era nato a Castelfrentano nel 1845 e si rese
protagonista di molti "exploits" sanguinari nelle
contrade S. Onofrio, Rizzacorno, Colle Campitelli e nelle
terre confinanti, dove divenne famoso come 'Zacarelle',
che significa nel nostro dialetto una persona che si dà
delle arie.
Domenico Valerio di Casoli, soprannominato esplicitamente
"Cannone" per la sua banda, la più grande e pericolosa
delle nostre zone.

Nelle ultime decadi del diciannovesimo secolo Lanciano ebbe
un ruolo fondamentale nella cultura nazionale e mondiale con
l'importante opera divulgatrice dei libri della famosa
"Casa Editrice Rocco Carabba", che contribuì
notevolmente a "formare le coscienze degli italiani".

Inoltre Lanciano mutò la sua struttura urbana ed il 1879
segna uno spartiacque fondamentale nella sua storia
millenaria con la redazione del Primo Piano regolatore
cittadino progettato dal lancianese ingegner Filippo
Sargiacomo (1839-1922).
Il Comune di Lanciano aveva bandito un concorso il 10 agosto
1878, ampiamente pubblicizzato nelle maggiori città
nazionali, ma l'unico a partecipare era stato Sargiacomo
che aveva consegnato il progetto il 31 luglio 1879.
Ora l'architettura del centro storico era insufficiente a
soddisfare le nuove esigenze di vita e la città doveva
oltrepassare le sue mura per proiettarsi nel futuro.
I primi interventi furono dedicati a Via dei Frentani, Corso
del Popolo (oggi Corso Roma) e prima di tutto in Piazza
Plebiscito, che da decisivo punto di raccordo
dell'espansione medievale del centro storico diventava ora
l'asse principale dell'estensione della nuova città.
Piazza Plebiscito presentava un'accentuata pendenza nella
porzione della strada che conduceva all'attuale Mercato
Coperto e, per ridurne il dislivello, fu necessario
abbattere dei porticati, che dal Palazzo Comunale si
estendevano fino alla Salita dei Gradoni e si congiungevano
in Via Corsea coi portici inizianti dal Corso del Popolo.
Fu altresì necessario abbattere delle abitazioni e ci
furono molti contenziosi tra il comune e i privati.
Questi primi lavori durarono fino al 1885 e le strade dei
quartieri storici ebbero delle nuove pavimentazioni e
divennero larghe cinque metri.

Intanto erano state tracciate le direttive
dell'ampliamento della nuova città e, alla fine
dell'ottocento, furono demoliti gli edifici posti tra la
Cattedrale e la zona sottostante il campanile della chiesa
di S. Francesco.
Intanto molti lancianesi, come milioni d'Italiani, avevano
lasciato la troppo popolata Italia dal 1890 al 1900 per le
Americhe, portandosi solo un vestito ed una valigia di
cartone per cercar fortuna all'estero.
Erano emigrati per sfuggire alla disoccupazione, agli
stipendi bassi e alle imposte esorbitanti, e l'emigrazione
offriva nuove prospettive di lavoro e di vita a contadini ed
artigiani.

Nei primi anni del ventesimo secolo le case furono dotate
d'acqua potabile con la costruzione dell'acquedotto del
(fiume) Verde, lungo circa quaranta chilometri e che
proviene dalle montagne di Fara S. Martino.
Per la necessità di fornire l'acqua alla maggior parte
possibile della cittadinanza fu inaugurata, con una grande
manifestazione il 5 giugno 1904, una grande fontana in
Piazza Plebiscito.
Intorno agli stessi anni il centro cittadino ebbe le prime
linee telefoniche, si costruirono molte scuole anche nelle
contrade, e la città cominciava ad essere sufficientemente
illuminata (ma, al giorno d'oggi, nel 2009, molte strade
delle nostre contrade sono ancora al buio ed alcune contrade
mancano delle fogne).
Sargiacomo, sotto lo stimolo propulsivo
dell'amministrazione del sindaco Gerardo Berenga
(1860-1945), aggiornava continuamente il suo iniziale piano
regolatore, che vide la campagna del quartiere Fiera
formarsi nel Corso Trento e Trieste (1905), parallelo al
Corso della Bandiera, ed il glorioso Palazzo degli Studi
(1911) che fu la sede dell'importante Ginnasio.

Nella prima guerra mondiale 270 lancianesi morirono per
tutelare gli interessi nazionali.

Durante il fascismo ci furono degli anni di grande sviluppo
e furono costruiti molti palazzi signorili in stile liberty
(negli anni venti), le case popolari nel quartiere Fiera
(1926), i Portici Comunali (1927), un'accogliente Villa
Comunale (1926-28).
Negli anni del decennio del 1920, essendo ormai diventato
troppo piccolo l'ospedale vicino al Corso della Bandiera,
che risaliva al 1843, era stato costruito il primo nucleo
dell'attuale ospedale nelle terre della contrada S.
Giacomo della Fiera.

[Negli anni dopo l'Unità d'Italia Lanciano voleva una
stazione ferroviaria. Finalmente, nel 1909, fu costruita la
ferrovia Sangritana per collegare Lanciano, che aveva 18.000
abitanti, con Ortona ed i paesi dell'entroterra.
Nell'agosto 1912 la stazione della ferrovia Sangritana era
stata appena costruita alla fine di Corso Trento e Trieste
quando ci fu il primo treno da S. Vito-Lanciano a Lanciano.
Già nel 1915 i treni locali arrivavano nelle stazioni di
Ortona, Marina di San Vito, S. Vito Chietino, Treglio,
Castelfrentano, Guardiagrele, Casoli, Archi, Atessa, Villa
Santa Maria, Castel di Sangro, Ateleta. Ci furono dei
progressi nella civiltà, nell'economia e nelle
comunicazioni dei paesi frentani, fino a quando nel 1943 la
ferrovia fu chiusa per i danni della seconda guerra
mondiale. Nel dopoguerra fu riaperto il tragitto S. Vito
Chietino-Lanciano-Castelfrentano e solo negli anni cinquanta
la ferrovia Sangritana fu pienamente ricostruita e
modernizzata dopo delle energiche proteste delle piccole
isolate città della fascia periferica lancianese. Allora
Lanciano era molto trafficata e ci fu il collegamento con
Pescara ed oggi coi principali treni nazionali ed europei.
La nuova stazione cittadina è stata costruita nel 2001 e
si trova dietro il convento di S. Antonio da Padova, nelle
terre della contrada S. Croce.].

Negli anni del decennio del 1930 la città godeva di una
buona qualità della vita ed aveva hotel, ristoranti,
industrie, bar, ed altre attività commerciali di una
popolazione molto attiva.
Negli stessi anni '30 furono costruite le due vie
parallele al Viale delle Rose.

[Tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento si era
diffusa la nuova fortunata formula del "Café-Chantant",
con una serie di spettacoli più "leggeri" che allargarono
le partecipazioni alla gran parte del popolo. C'era stato
il crollo della teatralità tradizionale e il celebre
Teatro Fenaroli dovette riorganizzare i suoi repertori.
Così si erano rappresentate delle rilevanti operette
dialettali, scritte da personaggi del luogo ed interpretate
dalla gente comune, che avrebbero contraddistinto la storia
di Lanciano fino agli anni cinquanta. Contemporaneamente
erano fioriti dei luoghi d'incontro come le trattorie, tra
le quali erano delle vere e proprie istituzioni lancianesi
"La Corona d'Oro", "La Salute" e "La Volpetta", dove tra
spaghettate e bicchieri di vino si componevano dei versi in
vernacolo che hanno arricchito il nostro dialetto. Un altro
fondamentale spazio d'incontro era stato ed è la Casa di
Conversazione, costruita nel 1875 nel primo piano del
palazzo municipale ed ampliata nel 1900 con un'enorme sala
da ballo, che è da sempre l'habitat ideale per
discussioni, giochi sociali, incontri e dibattiti densi di
contenuti culturali e civili. Maggiormente aggreganti furono
i numerosi caffè che spuntarono dappertutto con una
funzione socializzante mai venuta meno, fino all'avvento
della televisione e del cinema che mutarono intensamente la
vita locale a partire dagli anni dei decenni del 1950 e del
1960.].

Tutta la gloriosa storia della città era nell'animo dei
suoi cittadini che si ribellarono all'occupazione nazista
nelle tragiche giornate del 5-6 ottobre 1943, che nel 1952
valsero a Lanciano la medaglia d'oro al Valor Militare
nell'Italia Repubblicana.
    Un'altra giornata terrificante era stata quella del 20
aprile 1944, quando in Piazza Plebiscito, a mezzogiorno, si
festeggiava la liberazione di Lanciano e degli aerei
tedeschi in ritirata fecero una carneficina.

Il resto è storia comune ad altre città italiane, come:

L'infaticabile operosità dei lancianesi nell'immediato
dopoguerra, nella lunga e difficile ricostruzione del centro
storico medievale, del Corso Trento e Trieste, della
periferia e delle contrade.
La riconquistata libertà che favorì la partecipazione
dei cittadini all'attività politica, le vittorie della
democrazia cristiana e degli altri partiti centristi, le
sconfitte delle sinistre, l'isolamento della destra, le
salite sul carro dei vincitori, le realizzazioni ed i
tradimenti delle promesse elettorali, l'inizio delle
carriere personali dei voltagabbana in un clima pacificato
che non vide a Lanciano le ritorsioni verso chi aveva
aderito al fascismo anche se si cominciava a riflettere
sulla giovane età dei caduti locali durante le giornate
del 5-6 Ottobre 1943.
E poi lo sviluppo d'altre aree residenziali, come la zona
San Pietro-Cappuccini-Stadio ed il quartiere Olmo di Riccio,
sorti negli anni del 1960 e posteriori al piano regolatore
del 1958, e la nascita del più grande e popoloso quartiere
cittadino, S. Rita, nel 1978 in realizzazione del piano
regolatore del 1973.
Ed ancora, il progresso economico, le crisi economiche, lo
spopolamento e l'emigrazione degli anni del 1950, gli
sviluppi e le crisi delle attività agricole ed industriali
negli anni del 1960, la sfrenata ed inarrestabile
cementificazione che ha reso la Lanciano odierna scarsissima
di spazi di verde.
Quindi la passione per la musica popolarcolta sulla scia dei
successi planetari dei Beatles che stimolarono la
creatività artistica ed il sorgere di molte band locali.
Le agitazioni studentesche e le crisi industriali alla fine
degli anni del 1960. Le risse politiche che agli inizi degli
anni del 1970 videro dei tafferugli tra gli estremisti di
destra e di sinistra, per fortuna senza aver lasciato dei
morti sulle strade come purtroppo avvenne in molte altre
città italiane.
Il boom di radio e televisioni private negli anni del 1970.
Poi la corruzione ha rovinato la politica e "la corda si
è spezzata" nel 1992 con la cosiddetta Tangentopoli che
anche a Lanciano ha avuto degli arresti eccellenti ed è
sfociata nella clamorosa vittoria della destra nel novembre
1993, un voto di protesta poi diventato un forte consenso
popolare nel 1997, quando la stessa destra ha stravinto, con
una lista civica alleata ad un altro partito del
centrodestra, contro gli altri partiti del centrodestra e
quelli del centrosinistra.
Il centrodestra ha rivinto nettamente nel maggio 2001 e
nella primavera del 2006 [a proposito del giudice Antonio Di
Pietro, assurto alla notorietà nazionale con le inchieste
di "Mani Pulite", molte voci parlavano di un suo
fidanzamento con una ragazza di Lanciano negli anni del
decennio del 1970, cosa puramente vera, riferitami dal suo
ex-suocero e dalla gentilissima famiglia del giudice a
Montenero di Bisaccia, circa la storia d'amore tra Tonino
ed Elsa Di Campli.].
Infine ci sono stati i successi della squadra di calcio
nelle serie dilettantistiche e nella quarta serie, fino al
fallimento nella metà degli anni del 1980 e poi la
rinascita, con la scalata fino alla terza serie del football
nazionale e la conquista della Coppa Italia
semiprofessionisti nel 2002.
Intanto Lanciano è ancora in attesa del nuovo piano
regolatore.